Ogni notte del 7 gennaio una carrozza nera, avvolta dalle fiamme e carica d’oro, sfreccia tra piazza Navona e Ponte Sisto. A bordo uno dei fantasmi di Roma più famosi, la Pimpaccia, ovvero Donna Olimpia Pamphili.
E’ solo uno dei tanti spettri che si intravedono tra piazze e antiche pietre. In una città dove ha sempre avuto centro il potere, tra Papi, vescovi, cardinali, re e ministri, dove le storie tragiche si perdono nelle pieghe della Storia, che affiora ad ogni angolo, è normale che le leggende e i misteri abbondino.
Alcuni fantasmi di Roma hanno nomi altisonanti, altri sono semplici cittadini dal destino tragico. Donna Olimpia, Alessandro VI Borgia, Beatrice Cenci, Cagliostro, Mastro Titta, ma anche Nerone e Messalina, fino ai poeti Shelley e Keats: molte sono le apparizioni e le presenze occulte che vagano nella città eterna.
Sicuramente tra i fantasmi di Roma, Olimpia Pamphili è quella che è perseguitata dalla stessa fama che aveva in vita: quella di donna avida di ricchezze e potere, attenta alle finanze, manipolatrice. La Pimpaccia, come è tuttora chiamata a Roma, fu una dei protagonisti del Seicento: era originaria di Viterbo, proveniente da una famiglia modesta, sposò il fratello del cardinale Giovanni Battista Pamphili, che in seguito venne eletto Papa con il nome di Innocenzo X.
Da allora Donna Olimpia fece una fortuna immensa, visse come una regina (secondo le malelingue come amante del pontefice) nel palazzo di famiglia a piazza Navona, si fece costruire una grande villa sul lungotevere che costeggia Trastevere, confabulò complotti e trame politiche, manovrando di fatto l’illustre cognato, che si fidava solo di lei.
Prima di essere ammessi al cospetto papale, ambasciatori, artisti, mercanti e politici dovevano passare attraverso Olimpia per aver accesso a Innocenzo, per questo venne letteralmente coperta di doni inestimabili e oro.
Tutto però finì il 7 gennaio 1655, quando morì Innocenzo X: poche ore prima della dipartita, la Pimpaccia riempì due casse di monete d’oro, le caricò su una carrozza e fuggì attraverso ponte Sisto. Da allora non fece più ritorno a Roma esiliata nel viterbese, ma il suo fantasma ripercorrerebbe ogni anno alla fatidica data il tragitto a vertiginosa velocità.
Un’altra nobildonna romana infesta piazza Navona. E’ Costanza Conti de Cupis e si aggira nell’ex dimora di famiglia, ora palazzo Tuccimei, accanto alla chiesa di Sant’Agnese in Agone, dove visse nel primo Seicento. Costanza era famosa per la perfezione delle sue mani, al punto che l’artista Bastiano le riprodusse in un calco di gesso per tenerle nella sua bottega, in via dei Serpenti, dove rapidamente divenne un’attrazione popolare.
Secondo una leggenda, un frate di San Pietro in Vincoli affermò che la donna a cui appartenevano, le avrebbe presto perdute maledicendola perché avevano reso la gente vittima di un culto blasfemo: “Se quella mano è umana, merita d’essere tagliata!”, esclamò il menagramo. Costanza, a cui arrivò
la voce della profezia, ne fu terrorizzata: ordinò che il calco fosse distrutto e non uscì più di casa. Solo che un giorno, ricamando, si punse il dito con l’ago e la ferita si infettò gravemente, al punto che il braccio dovette essere amputato, ma non servì a salvarle la vita. La poveretta morì tra atroci sofferenze: da allora è diventata uno dei fantasmi di Roma, e quando la luna rischiara le finestre del palazzo dove abitò, appare dietro ai vetri la pallida mano di Costanza.
I brividi non sono certo finiti. Nei dintorni di piazza Navona, tra piazza Farnese e Campo de Fiori, si aggirerebbe lo spettro senza pace di Alessandro VI, Rodrigo Borgia. Il terribile papa, uno dei fantasmi di Roma più temuti, cerca senza sosta la sua amante storica, la madre dei suoi figli, Vannozza Cattanei, che gestiva una locanda proprio da queste parti.
Sempre a piazza Farnese, si agita uno dei fantasmi di Roma più misteriosi: Cagliostro. Precisamente si trova in vicolo delle Grotte. Qui Giuseppe Balsamo, noto come Alessandro, Conte di Cagliostro, esoterista, alchimista, guaritore ma anche falsario, conobbe la sua futura moglie in una casa
di piacere. Lorenza Serafina Feliciani, dopo il matrimonio, divenne la sua assistente, girò con lui tutta Italia e Europa. Ma nel 1789 Lorenza denunciò il marito accusandolo di molti reati, tra cui esercizio della magia ed eresia.
Cagliostro fu arrestato in piazza di Spagna, portato nella prigione di Castel Sant’Angelo e infine
condannato a morte, tramutata in ergastolo dopo l’abiura. Morì quattro anni dopo. Da allora ogni notte il suo spettro torna in vicolo delle Grotte, cercando la moglie.
Anche Lorenza è uno dei fantasmi di Roma: in preda al rimorso per aver accusato il marito, dopo aver finito l’esistenza in miseria, vaga piangendo tra i vicoli di Trastevere e piazza di Spagna, con un velo nero sul volto.
Castel Sant’Angel è legato anche a uno dei fantasmi di Roma più conosciuti e anche più tristi: quello di Beatrice Cenci. La povera ragazza del tardo Cinquecento ha avuto una vita davvero tragica: di origine nobile, costretta a vivere con un padre padrone e a subire anni di violenze, un giorno decise di denunciarlo, ma Francesco Cenci era troppo temuto a Roma e nessuno aiutò la ragazza.
Un giorno del settembre 1598 Beatrice, la matrigna Lucrezia, i fratelli Giacomo e Bernardo, aiutati dal castellano e dal maniscalco, uccisero Cenci e lo gettarono da una balaustra. Quando il corpo fu rinvenuto, iniziarono le indagini e i sospettati confessarono con la tortura. Vennero condannati a morte, all’alba dell’11 settembre 1599: l’esecuzione fu proprio davanti a Castel Sant’Angelo.
Beatrice fu sepolta in un cimitero a San Pietro in Montorio, ma anche lì non ebbe pace. Durante l’occupazione francese, alcuni soldati distrussero quasi tutte le tombe, compresa quella della Cenci, i cui resti furono dispersi e mai recuperati: anzi, una macabra leggenda racconta che i francesi giocarono a calcio con il teschio della ragazza. Da allora, il fantasma della poveretta cammina avanti e indietro, ogni anno nella notte tra il 10 e il’11 settembre, lungo ponte Sant’Angelo, con la testa recisa in mano.
Sempre a Ponte Sant’Angelo, poco prima dell’alba, ci si può imbattere in un altro dei
fantasmi di Roma. E’ Mastro Titta, il famoso boia immortalato anche dalla commedia musicale Rugantino. Avvolto nel manto rosso che indossava per le esecuzioni, Giovanni Battista Bugatti, il suo vero nome, passeggia vicino ai luoghi dove metteva in pratica le sentenze, a via dei Cerchi, vicino alla chiesta di Santa Maria in Cosmedin, in piazza del Popolo (dove c’era la ghigliottina)
e soprattutto vicino Castel Sant’Angelo.
Mastro Titta abitava in vicolo del Campanile 2, nel Rione Borgo, sulla sponda destra del Tevere, vicino al Vaticano, e per fare il suo lavoro doveva attraversare ponte Sant’Angelo: quando lo vedevano passare di là, i romani commentavano “Mastro Titta passa il ponte”, a sottolineare che sarebbe stato giorno di condanna capitale. Si dice che in quasi 70 anni di carriera, giustiziò
oltre 500 persone, a cui offriva tabacco da masticare per rendere più sopportabile il tragico destino: un gesto che il suo spirito ripeterebbe a chi incontra sulla strada.
Molti di questi condannati sarebbero i fantasmi di Roma che abitano al Muro Torto, una zona infestata di spettri tra villa Borghese e piazza del Popolo: qui venivano sepolti ladri, vagabondi e criminali, anche quelli appena giustiziati nella piazza, che peraltro fu costruita su varie tombe e mausolei romani. Le loro anime vagano in eterno alla ricerca di vendetta. Tra di loro, due carbonari decapitati nel 1825, proprio da Mastro Titta, Angelo Targhini e Leonida Montanari, che spesso vengono avvistati sotto le mura con le teste sottobraccio.
Poco oltre, a piazza di Spagna, altri due amici inseparabili vagherebbero senza sosta: sono i poeti romantici John Keats e Percy Bysshe Shelley, che discorrono amabilmente in inglese a braccetto, accanto al palazzo dove Keats visse e morì di tubercolosi a soli 25 anni. E’ sepolto a Roma al cimitero acattolico sull’Ostiense, vicino all’amico di sempre.
In una città così importante per la Storia, non mancano i fantasmi di Roma antica. In particolare, Messalina, perseguitata per sempre dalla sua fama di donna di facili costumi: vagherebbe sconsolata vicino al Colosseo, accanto ai resti del Tempio dell’Imperatore Claudio, suo marito.
Tra i fantasmi di Roma, ci sarebbe anche quello di Nerone. Fu sepolto sotto un noce in un angolo
di piazza del Popolo: le sue ossa attirarono streghe, maghi e demoni, fino a quando lo scaramantico papa Pasquale II nel 1099, dopo aver sognato la Madonna, decise di abbattere l’albero, prelevare quello che restava del controverso Imperatore, bruciarlo e gettarlo nel Tevere. Al posto della sua tomba, venne costruita una cappella dedicata alla Vergine Maria: nel 1472 Sisto V fece
fece realizzare l’attuale basilica di Santa Maria del Popolo, con l’altare che si trova proprio dove erano le radici del noce. Lo spettro di Nerone, però, non si sarebbe più visto dal Medioevo, in una delle piazze più frequentate dai fantasmi di Roma.
Info:
www.turismoroma.it
Foto Sonia Anselmo, dreamstime.com, pixabay
Articoli correlati:
https://www.latitudinex.com/italia/piazza-del-popolo-a-roma-tra-storia-arte-e-mistero.html
https://www.latitudinex.com/italia/campo-de-fiori-giordano-bruno-e-il-mercato-di-roma.html
https://www.latitudinex.com/rubriche/curiosita/befana-di-piazza-navona-la-tradizione-delle-feste-a-roma.html
https://www.latitudinex.com/italia/cimitero-acattolico.html