Imperterriti, gli antichi templi hanno domato anche la furia dello spaventoso tsunami del 2004 che si abbatté su Mahabalipuram e sulla costa del Tamil Nadu, nell’India del sud.
Hanno avuto qualche cedimento e danno, sono stati ricoperti dall’acqua e dal fango per giorni, ma sono ancora lì a testimoniare la grandezza di Mahabalipuram, città storica, meta archeologica e patrimonio mondiale dell’Unesco, a 60 chilometri da Chennai.
Tra i più colpiti vi fu lo Shore Temple, proprio a ridosso della spiaggia. E’ un sopravvissuto già ad altre distruzioni, secondo le tradizioni locali è l’unico rimasto delle leggendarie Sette Pagode e nonostante la continua erosione dell’aria umida e salata del mare, rimane un simbolo di Mahabalipuram.
Costruito tra il 700 e il 728 d.C, è quello che rimane di un complesso più ampio di strutture religiose e civili, molte delle quali restano ancora sotto l’acqua. Anzi secondo alcuni archeologi, come Graham Hancock, Mahabalipuram ha sofferto per un’alluvione tra il 10 mila e il 13 mila a.C. e sotto il mare ci sarebbe un’intera città sommersa.
Del resto le origini di Mahabalipuram sono ancora misteriose, quello che è certo che la città è sempre stata un fiorente porto sul Golfo del Bengala che commerciava anche con l’Impero Romano. In seguito, tra il III e il VII secolo, divenne anche un importante centro artistico, letterario e religioso
mentre le leggende dei marinai locali l’hanno sempre identificata come la terra delle Sette Pagode, di cui il romantico Shore Temple è l’unico
sopravvissuto.
A cinque piani, piramidale, abbellito da intricati bassorilievi, il santuario vero e proprio è sistemato in modo che i primi raggi del sole all’alba cadano su Shiva, la divinità a cui è consacrato il tempio di Mahabalipuram.
All’esterno del santuario, i leoni di roccia sembrano ancora far la guardia
mentre tantissimi fedeli arrivano con le loro famiglie, pregano e poi vanno in spiaggia a rilassarsi, pochi metri più in là.
Proprio il mare è una delle attrazioni di Mahabalipuram, rinomata stazione balneare alla ricerca di un turismo internazionale anche da questo punto di vista. Per il momento, i visitatori però preferiscono visitare i templi, approfondire la storia e l’archeologia, mentre per gli indiani è anche un luogo di villeggiatura marina, con la lunga spiaggia bianca, le onde dell’oceano e le barche dei pescatori posate a riva.
Amatissimi da comitive di indiani in gita a Mahabalipuram, sono anche i famosi “Cinque Carri”, che sorgono nelle vicinanze della spiaggia e sono un mito da undici secoli, tanto che l’Unesco li ha dichiarati Patrimonio dell’umanità.
Sono strutture piramidali monolitiche, prendono il nome dei cinque figli di Pandava, eroi del di Mahabharata uno dei più grandi poemi epici indu, e sembrano scolpiti in un unico pezzo di pietra. Sono talmente spettacolari che le famiglie fanno la fila per farsi fotografare davanti a quello a forma di elefante, forse il più “coccolato” di tutti.
Queste opere facevano parte, insieme allo Shore Temple, di un’antica città portuale e, ironia della sorte, la devastazione dello tsunami ha fatto scoprire agli archeologi nuove rovine.
Quando le acque si sono ritirate da Mahabalipuram, portandosi dietro molta sabbia, vennero infatti alla luce alcune sculture rappresentanti animali, un’elaborata testa di elefante, una nicchia con la statua di una divinità, un leone e un cavallo alato.
Ancora oggi, la Soprintendenza archeologica indiana sta effettuando rilievi subacquei per scoprire quanto si estendano queste rovine e ha trovato imponenti mura a circa 500 metri dalla linea costiera.
Del resto, Mahabalipuram è un concentrato di opere d’arte scavate nella roccia: come Arjuna’s Penance, l’enorme bassorilievo in granito rosa all’aperto che secondo alcune interpretazioni rappresenta la discesa della dea Ganga sulla terra (e per questo è detto “della discesa del Gange”) mentre secondo altri illustrerebbe uno dei poemi epici della letteratura induista, il Mahabharata.
Poco importa la verità, di sicuro per la maestosità l’opera lascia senza parole i profani occidentali, mentre le capre pascolano sulla cima della roccia e i bambini si rincorrono.
Secondo gli studiosi, tutti questi templi furono elaborati e scolpiti,
anche nei minimi dettagli con rappresentazioni animali, da una scuola per giovani scultori: alcuni soggetti, ad esempio, si ripetono in stili e mani diversi, quasi fossero un compito da portare a termine o una dimostrazione pratica fatta dai maestri agli allievi.
La straordinaria ricchezza artistica di Mahabalipuram non è certo finita qui: altri sono i capolavori da ammirare, come il Tempio di Olakkanneshvara, su una collina, che si dice un tempo fu un faro, molto amato dai fedeli che fanno la fila per salirci, come il Tempio della grotta di Adi Varaha Perumal, poco frequentato, dedicato a Vishnu, la grotta della Tigre o Yali con pilastri decorati con animali e figure mitologiche.
Tra le curiosità di Mahabalipuram la Butter Ball, la palla di burro di Krishna: un monolite in equilibrio precario su una collinetta, opera della natura, che viene spesso fotografato. Molte opere di roccia, poi, sono state lasciate incompiute e non si sa ancora la ragione.
Mahabalipuram, nonostante la vocazione balneare, rimane uno splendido
centro artistico, culturale e religioso, dove ammirare la maestria degli antichi scalpellini e muratori, insieme alla bellezza della natura di questa spiaggia del Tamil Nadu.
Info:
www.incredibleindia.org/content/incredible-india-v2/en.html
Foto di Sonia Anselmo e dreamstime.com
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