Il mare luccica d’argento all’orizzonte di villa Campolieto e la fantasia si alimenta di bagliori e visioni. Sembra quasi di vedere la nobiltà arrivare con le barche, scendere al molo con gli abiti ampi dalle crinoline, i ventagli, le parrucche bianche, i bastoni da passeggio.
Villa Campolieto è legata al Settecento, alla corte borbonica, al lusso dei nobili che seguivano i sovrani durante la vacanza estiva.
Oggi gli ampi saloni sono vuoti. Eppure rimane intatta la magia del passato. Sarà lo scalone, il colonnato e il gioco di prospettive creato da Vanvitelli, sarà la posizione panoramica sul mare e sul golfo di Napoli, sarà il sole d’ottobre che rende vividi i colori degli affreschi. Comunque sia Villa Campolieto, a Ercolano, resta una tappa poco conosciuta ed estremamente affascinante.
Con altre residenze nobiliari fa parte del Miglio d’oro, un itinerario di ville vesuviane riportate alla fruibilità del pubblico da una fondazione, l’Ente Ville Vesuviane.
Tutto ebbe inizio nel 1738 quando Carlo di Borbone e sua moglie Maria Amalia di Sassonia
scelsero Portici per costruire una nuova reggia e iniziare gli scavi archeologici dell’antica
Ercolano, seppellita dall’eruzione del Vesuvio. Per seguire il loro sovrano, i nobili della
corte fecero realizzare alcune dimore per passare le vacanze estive nella zona costiera, ai piedi del vulcano. Queste residenze, 122 per la precisione, erano talmente tante e belle che il tratto di strada che le costeggia venne chiamato Miglio d’Oro, anche per via degli architetti e artisti che collaborarono all’edificazione e ai vasti giardini che arrivavano fino al mare.
Dopo attento restauro, alcune di queste ville sono state aperte al pubblico con visite
guidate e manifestazioni culturali. Tra queste villa Campolieto con il vicino parco sul mare della Villa Favorita.
L’impatto è subito suggestivo, con il grande scalone d’accesso e un vasto vestibolo coperto che fungeva anche da scuderia e che fa immaginare subito l’ingresso delle carrozze e dei cavalli.
Uscendo sul belvedere la sorpresa è ancora più intensa. Da qui, un portico ellittico a colonne toscane circonda come in un abbraccio la costruzione: in fondo al panorama si vede il mare, mentre sotto un tempo fioriva un vasto parco ricco di piante esotiche e non, che arrivava fino alla spiaggia. Ora è solo una piccola aiuola, dopo che nei secoli i diversi proprietari hanno venduto le varie parti.
Scendendo le rampe dello scalone fino alla grotta sottostante, con fontana, e giardinetto sottostante, si ha una delle prospettive più belle di villa Campolieto. Qui si ammira tutto lo splendido lavoro di Luigi Vanvitelli, chiamato ad occuparsi della costruzione nel 1763.
L’architetto, reduce dalla realizzazione della reggia di Caserta, fu convocato per sostituire Mario Gioffredo, a cui il principe Luzio De Sangro, Duca di Casacalenda, aveva affidato il progetto nel 1755, e ci lavorò fino alla sua morte, nel 1773, quando il completamento della villa fu realizzato dal figlio Carlo.
Curiosamente Vanvitelli si ritrae anche in un affresco della villa Campolieto. Un signore
paffutello in parrucca e monocolo osserva un po’ defilato la corte nobiliare che si diverte:
un gruppo di dame e nobiluomini balla, un altro gioca a carte con un baro, una signora chiede
a un servitore di portare altre bevande agli ospiti, un trio di musicisti suona mentre
una cantante si esibisce. Intorno a loro, pappagalli, pavoni, un gazebo intrecciato a
un vitigno, sullo sfondo le isole campane. Tutto sembra lasciare ai posteri un’occhiata sulla quotidianità della corte borbonica durante l’estate, gli intrattenimenti, i giochi, i divertimenti di un periodo spensierato.
E’ il salone delle feste, una delle sale affrescate di villa Campolieto più curiose e suggestive. Il secondo piano della residenza si sviluppa con stanze una dentro l’altra, i saloni affacciati sul Vesuvio e sul mare, le nicchie che un tempo ospitavano statue, gli affreschi a tema mitologico come nel salone delle Feste dove si raffigura il mito di Ercole.
La stanza degli Specchi, poi, era uno studiolo femminile dai colori tenui, in cui ci si intratteneva a conversare prima di entrare nel salone delle feste. Oggi non ci sono arredi e mobili, tranne in una sala dove sono stati recuperati divanetti, tavoli e poltrone Settecenteschi, non originari però di villa Campolieto, ma gli ambienti così eleganti e particolari sono lo stesso affascinanti.
All’epoca si tendeva a privilegiare l’esterno, visto che ci si veniva in vacanza d’estate: così il terrazzo è la parte più importante della residenza, con la veduta panoramica sul Golfi di Napoli, da Posillipo a Ischia, per giungere a Capri e alla Penisola Sorrentina.
Sui due lati del ballatoio scendono le scalinate parallele che portano ad una passeggiata scoperta: a destra, si intravedono quattro garitte, che servivano a ripararsi dal sole, e una peschiera dove gli ospiti potevano pescare. Sullo sfondo il bosco della Reggia di Portici e l’area archeologica di Ercolano.
Accanto a villa Campolieto sorgevano altre residenze nobiliari, come Villa Favorita, ancora
chiusa al pubblico. Però si può visitare il grande parco, oggi a disposizione della città, e con un percorso che porta verso il mare e la spiaggia e passa sotto la prima ferrovia d’Italia, la Napoli- Portici.
Tra i lecci del parco, emergono alcune palazzina, come la Casa dei Mosaici, con l’ingresso completamente fatto di piccole tessere di madreperla, ceramica e marmo, e le vetrate azzurre. Era una dependance della villa destinata agli ospiti che magari arrivano con le barche durante la serata e non avevano voglia di affrontare la salita fino alla costruzione principale oppure per coloro che erano in cerca di intimità e tranquillità. Nel parco, poi, si svolgevano balli e
concerti, e venivano montate le giostre per il divertimento.
Un aspetto ludico che non è cambiato nei secoli: oggi i bambini di Ercolano hanno preso il posto dei nobili nel giocare e divertirsi tra i viali del parco. Più su, a valle, lungo la strada, la villa Campolieto continua a fare da testimone alle ore liete dei suoi ospiti.
Info:
www.villevesuviane.net/
Foto di Sonia Anselmo
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