Una piccola gardenia bianca profumata dal valore preziosissimo. Il tiarè in Polinesia francese è davvero ovunque, dalle collane di fiori alla marmellata. Inevitabile imbatterci mentre si soggiorna a Tahiti, un simbolo di queste isole baciate dalla natura.
Il primo incontro con il tiarè è all’aeroporto di Papeete, già in sé molto esotico e particolare con l’accoglienza di un duo che suona canzoni polinesiane, un hangar di palme e bamboo e un nastro trasportatore di bagagli “abitato” dai giganti granchi di terra: appena atterrati si viene omaggiati da una collana di tiarè, dono di una terra ricca di vegetazione.
Durante il soggiorno in Polinesia si fa conoscenza approfondita del fiorellino bianco. La Gardenia tahitensis è un alberello dalle foglie grandi, lucide e verde scuro, autoctona delle isole. Il fiore è chiamato tiarè (un nome che ricorda la tiara, la corona, e che fa riferimento alla corolla conica che può ricordare questa forma) e nelle notti emana un aroma esotico e sensuale, che pervade i luoghi circostanti.
Un profumo che ricorda un po’ il gelsomino e un po’ la tuberosa, ma in realtà è tipico, originale, unico e per questo è molto apprezzato in profumeria.
E’ facile trovare nei giardini di Tahiti qualche pianta di tiarè, con i fiori usati dalle donne come ornamento per il capo o dietro le orecchie.
Nell’antica cultura polinesiana il tiarè segnalava se la ragazza fosse libera o impegnata: portato sopra l’orecchio destro era nubile, a sinistra era fidanzata o sposata. Per tradizione si fanno anche le collane intrecciate di fiori, da regalare ai visitatori e agli ospiti.
Immortalato da Paul Gauguin nel famoso dipinto “Vahine no te Tiarè”, cioè “Donna con fiore di Tiarè”, il
fiorellino bianco ricorda anche la mitologia delle isole, dove era sacro ad Atea, il Dio primordiale, il creatore della natura e di tutto. Per questa connessione con una divinità, il tiarè era destinato ad un gruppo ristretto di persone, i nobili e i reali: solo a loro era permesso cogliere il fiore che veniva usato durante le cerimonie religiose e indossato dalle vergini come una corona floreale in testa, per simboleggiare la purezza, mentre le ragazze più giovani portavano dei cestini di fiori da spargere sui siti sacri per purificare e distruggere gli spiriti cattivi.
Oggi invece è anche il principale ingrediente del “monoi”, lo speciale olio della Polinesia che è adatto a mille usi dermatologici. Utile ad ogni tipo di pelle, è un idratante formidabile, anti-age, antiossidante, riparatore
e lenitivo: prodotto in centinaia divarianti e profumi, dalla crema abbronzante al repellente per gli insetti,
di base è perfetto come dopo sole per mantenere la tintarella, per i capelli come fanno le polinesiane, per elasticizzare le pelli molto secche.
Alleato principe della bellezza, l’olio vegetale è ricco di vitamina E ed è il risultato della saturazione dei fiori del tiarè, attraverso un antico processo che l’unisce alla polpa di cocco ed ad altre varianti di profumazione, dal pompelmo alla vaniglia, usando sempre prodotti locali delle isole. Dopo questo processo, il tiarè diventa sapone, crema corpo, olio per centinaia di scopi curativi.
In Polinesia hanno anche creato una Route du monoi, uno speciale itinerario composto da diverse tappe sia
a Tahiti che Moorea, che permette di scoprire della produzione: l’esperienza include visita nei campi di tiarè o di palme da collo, laboratori botanici, produzione di monoi tradizionale o per macerazione, proposte di massaggi praticamente da un tuhua (guaritore tradizionale) o in una spa ultramoderna.
Il piccolo e inebriante fiore a forma di stella non è utile solo nel campo della cosmesi. Nella Polinesia Francese è dappertutto, anche in cucina. Ci fanno la marmellata: un velo trasparente e ambrato con i sottili petali che emergono dalla melassa molto zuccherina. Ci aromatizzano il tè e il caffè, che prendono un gusto delicato.
Non solo, le piante di tiarè si vedono facilmente in ogni angolo, accanto ai grandi alberi del pane e ai manghi e sono riprodotti come disegni nei parei, souvenir ideali di queste zone.
Inoltre, a dicembre, il fiorellino delicato viene anche festeggiato con manifestazioni in tutte le isole. E’ impossibile fuggire alla gardenia polinesiana, vero e proprio must.
L’unica concorrente al ruolo di regina di Tahiti è la vaniglia: frutto di una specie di orchidea, è coltivata soprattutto nell’isola di Tahaa, è anche essa usata in mille modi diversi. I preziosi baccelli, venduti interi, in estratto naturale o in polvere, vantano persino un premio annuale alla miglior produzione dato dal Ministero dell’Agricoltura.
La vaniglia qui è una cosa seria e occupa un ruolo importante nella cosmesi e nella cucina. Centinaia le ricette: i classici biscotti, le marmellate pure o che uniscono la vaniglia all’ananas o alla banana, il tè e il caffè aromatizzati, il burro, il cioccolato, dolci vari, oltre alla salsa che va ad accompagnare uno dei piatti tipici della Polinesia, il mahi mahi (un pesce molto sfruttato nelle ricette e sulle tavole) alla vaniglia.
Normale che entrambi, vaniglia e tiarè, siano diventati il profumo del Paradiso terrestre.
Info:
https://tahititourisme.it/it-it/
Foto: Tahiti Tourisme, https://it.france.fr/it, Pixabay, Route du monoi
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