Il profumo dei limoni è intenso, invade tutte le strade del centro storico di Amalfi e si mescola ad altri odori golosi, come quello del cuoppo, il cartoccio a forma di cono ricco di fritti di ogni genere, di verdure e pesce.
La scia è irresistibile, i profumi ghiotti escono dalle rosticcerie, dai locali e dai ristoranti, mentre
i frutti gialli, tipici della costiera, sono enormi, appesi ad ogni angolo di negozio, insieme ai peperoncini, alle
bottiglie di limoncello e alle ceramiche locali.
Amalfi a prima vista si rivela così e lascia un segno non solo per le bellezze naturali del luogo, le spiagge, il mare e la costiera a cui da il nome, Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco.
Tra golosità, tradizioni, storia e curiosità, lo splendido borgo campano è un continuo scrigno di meraviglie da scoprire.
Fondata dai Romani, ex sede vescovile nell’alto Medioevo, Amalfi deve tutto al mare: è stata una delle quattro Repubbliche Marinare (le altre erano Genova, Venezia e Pisa) e il commercio l’aveva resa molto florida, con i mercanti amalfitani che avevano colonie nei porti delle città più importati del Mediterraneo.
A ricordo di quel periodo ogni quattro anni si svolge una regata storica, a turno con le altre ex repubbliche marinare, con un corteo rievocativo con abiti medievali.
E’ soltanto uno dei tanti appuntamenti tradizionali che si susseguono ad Amalfi, in un turbinio di feste tra folclore, storia e religione.
Una delle più suggestive è la processione del Venerdì Santo nella settimana pasquale. Al buio completo, con la sola luce delle fiaccole e dei lumini, escono dalla cattedrale le statue del Cristo morto e della Madonna Addolorata, sulla musica composta dal musicista amalfitano Antonio Tirabassi. Al seguito ci sono i “battenti”, uomini incappucciati vestiti di bianco che portano lanterne.
La processione si snoda poi per le vie cittadine, per concludersi infine nella chiesetta dell’Addolorata, dopo essere passata per la chiesa di San Nicola, dove si depone il simulacro del Cristo morto, verso il quale si perpetua il devoto rito del bacio dei piedi da parte degli amalfitani.
Punto di partenza del rito è l’imponente Duomo, con la sua maestosa scalinata di 62 gradini. Dedicato a Sant’Andrea, patrono di Amalfi, è stato rimaneggiato più volte, presenta vari stili architettonici, dal gotico al romanico amalfitano, al moresco.
Da non perdere, adiacente al Duomo, il Chiostro del Paradiso, gioiello del 1268, anticamente era utilizzato come cimitero per i cittadini più illustri. La cripta contiene le reliquie di S.Andrea, portate ad Amalfi nel 1208 da un cardinale dopo che i Crociati conquistarono Costantinopoli.
Il Santo è legato anche a due leggende, che portano inevitabilmente ad altre ricorrenze da festeggiare.
Un mito narra che Sant’Andrea, ex pescatore, avrebbe salvato Amalfi, il 27 giugno 1544, dall’attacco del pirata
Barbarossa, scatenando una fortissima tempesta nel porto e impedendo al turco, che aveva già distrutto la vicina Positano, di sbarcare in città.
Per commemorare l’evento il 27 giugno di ogni anno una scultura d’argento del barocco napoletano
raffigurante il Santo e detta “o’ viecchio”, il vecchio, viene portata in processione per le strade da uomini vestiti di bianco. Arrivati alla spiaggia di Amalfi, i pescatori la prendono e la portano, salendo di corsa, sulla scalinata del Duomo, lasciando al passaggio offerte di pesce fresco.
Un’altra leggenda si festeggia il 30 novembre, giorno dedicato al patrono quando avviene il miracolo di Sant’Andrea. Dalla tomba in cui sono conservate le reliquie viene fuori una sostanza oleosa detta manna. Se non si verifica il miracolo, vuol dire che il santo è in collera e qualcosa di grave può accadere.
Le curiosità su Amalfi sono davvero tante e hanno le radici nella tradizione. Sin dall’antichità la cittadina è famosa per la lavorazione della carta, considerata tra le migliori al mondo, carta sfrangiata ai bordi che indica lavorazione manuale foglio per foglio.
È probabile che gli amalfitani abbiano imparato la tecnica dagli arabi: è un tipo di carta ottenuta da stracci, non dalla pasta di legno, nota come “bambagina”, nome proveniente da una alterazione della città araba El Marubig, dove, per la prima volta, venne perfezionata la tecnica di utilizzare ritagli di cotone, canapa e lino per produrre carta. Oggi questo tipo di carta è ancora usata dal Vaticano per la corrispondenza ufficiale.
Anche a livello gastronomico, dopo i limoni, Amalfi rivela altre sorprese. Qui nacque la sfogliatella, il tipico dolce campano.
Precisamente vide la luce la prima volta sulle alture di Amalfi, esattamente tra Furore e Coca dei Marini, vide per la prima volta la luce, nel monastero di Santarosa.
Un giorno di oltre 400 anni fa, la suora addetta alla cucina si accorse che era avanzata un po’ si semola cotta nel latte. Buttarla non era neanche pensabile, quindi ci gettò dentro un po’ di frutta secca, zucchero e liquore di limone, ma doveva preparare l’involucro e realizzò due sfoglie di pasta con l’aggiunta di strutto e vino bianco e nel mezzo mise il ripieno, sollevò la sfoglia superiore dandole la forma di un cappuccio di monaco.
A questo dolce venne ovviamente dato il nome dell Santa a cui era dedicato il monastero: Santarosa. Ma un dessert così delizioso non poteva rimanere isolato in quel luogo, anche se impiegò moltissimi anni per percorrere i 60 chilometri tra Amalfi e Napoli.
Qui, vi arrivò per merito dell’oste Pasquale Pintauro: non è noto per quali vie l’uomo entrò in possesso della ricetta originale, si sa però che a partire dal 1818 l’oste divenne pasticcere e la sua osteria un laboratorio dolciario. Non si limitò a diffonderla, ma la modificò nel ripieno e nella forma.
Era nata la sfogliatella, la sua varietà più famosa ” la riccia” di forma triangolare formata da una pasta sfoglia a strati fittissimi con ripieno di semola, ricotta, caditi, uova e zucchero. Dalla “riccia” nacquero altre varietà, come la “frolla”, di forma tonda, ottenuta con pasta frolla molto soffice e con lo stesso ripieno della riccia.
La Santarosa, nata nel convento, presenta sottili sfoglie sovrapposte e forma di conchiglia, ripiena di crema pasticcera e guarnita da una crema di amarene. Oggi le Santarosa sono anche chiamate vezzosamente “le monachine” in ricordo delle suore di Amalfi.
Dove dormire: A pochi minuti di distanza da Amalfi, in uno dei punti più suggestivi della costiera,
l’Hotel Santa Caterina è costruito a picco sul mare, all’interno di una vasta proprietà che “precipita” fino all’acqua con una serie di splendide terrazze naturali. Due ascensori scavati nella roccia o un sentiero di spettacolare bellezza portano gli ospiti attraverso agrumeti e giardini lussureggianti fino agli impianti a livello del mare, che comprendono una piscina con acqua marina, solarium, fitness centre, café/bar e ristorante all’aperto.
La sera la magia continua nell’elegantissimo ristorante con una cena a lume di candela ammirando il suggestivo panorama di Amalfi illuminata dalla luna.
Hotel Santa Caterina, S.S. Amalfitana, 9 84011 Amalfi (Sa)
Tel. 089 87 10 12 – Fax 089 87 13 51
www.hotelsantacaterina.it – E-mail info@hotelsantacaterina.it
Info: www.incampania.com
Foto: www.amalfi.it, Pixabay, www.hotelsantacaterina.it
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