In primavera il profumo delle fragoline è inebriante, invade tutto il borgo dagli espositori e
cesti fuori dai negozi. Nemi, in questa stagione, si riempie anche del colore rosso dei piccoli frutti tipici, così come in autunno sono i funghi a farla da padrone.
Prodotti del territorio, dei boschi e del Parco dei Castelli romani che circonda il lago, sono il vanto della zona.
Le fragoline di Nemi sono anche festeggiate con una sagra, di solito tra fine maggio e inizio giugno. Per il programma del 2021, una prima parte si è svolta il 23 maggio, e una seconda, dedicata ai social e all’on line, è prevista per il 6 giugno.
Non hanno potuto sfilare le tutte le cento fragolare, le coltivatrici di fragole in abiti tradizionali, come è consuetudine dal 1922, ma comunque i festeggiamenti hanno inondato di fiori tutta Nemi, come sempre, così come i locali aperti hanno presentato menù comprensivi del prezioso frutto.
Le fragoline vengono raccolte da maggio ad ottobre e pare sia state note anche ai tempi dei Romani.
Secondo una leggenda, nacquero dalle lacrime versate da Venere per la morte di Adone, trasformate in cuoricini rossi dal potere di allontanare i serpenti nei boschi. Comunque sia, a Nemi bisogna assaggiarle, anche nelle tipiche ricette che le vedono protagoniste di dolci, marmellate e del liquore fragolino.
Non solo fragole a Nemi, però. Il borgo, a poco più di una trentina di chilometri da Roma, sui Colli Albani, è tutto affacciato sull’omonimo lago. Dall’alto si vede proprio la forma del cratere del vulcano che l’ha formato. Più piccolo di quello di Albano, immerso nella vegetazione, è stato un importante luogo di villeggiatura per gli antichi romani, che qui, come oggi i loro discendenti, venivano a respirare durante l’afosa estate della capitale.
In particolare, all’epoca era un luogo dedicato a Diana. Nemi prende il nome, infatti, da Nemus Dianae, bosco sacro alla dea ed esisteva un tempio sulle rive del lago, oggi più distante a
causa della diminuita capienza del lago.
Tra i devoti alla dea, c’era l’imperatore Caligola: a Nemi era solito usare due navi a scafo piatto, piene di ornamenti, statue, mosaici, tempietti e molto altro ancora, per svolgere i riti dedicati a Diana.
Da allora è iniziata la leggenda delle navi, ricche di sfarzo e contenenti tesori, che sarebbero state sepolte sul fondo per ragioni misteriose.
In realtà, le due navi, lunghe 70 metri e larghe più 25, erano proprio quelle di Caligola, che le usava come palazzi galleggianti quando veniva al lago, addirittura simulava battaglie e sicuramente celebrava cerimonie religiose.
Dopo la morte, nel 41 d.C, il Senato, che era suo nemico, per cancellare la memoria e i ricordi dell’ex imperatore fece distruggere tutte le opere legate a Caligola, comprese le navi di Nemi, che furono affondate nel lago.
Da qui nacque la leggenda e nel Medioevo per caso alcuni pescatori videro impigliarsi le loro reti in qualcosa: quando si immersero a controllare, trovarono due scafi, da cui asportarono diversi manufatti in bronzo.
Nei secoli, molti provarono a recuperare qualcosa nel lago di Nemi, con metodi curiosi: ad esempio intorno alla metà del Quattrocento, il cardinale Prospero Colonna, signore del luogo, affidò a Leon Battista Alberti l’impresa di trovare le navi. L’artista realizzò una grande zattera e con l’aiuto di alcuni nuotatori genovesi portò alla luce alcuni tubi di terracotta che permisero l’attribuzione degli scafi a Caligola.
Soltanto nei primi anni del Novecento si pensò a recuperare del tutto le navi romane: l’unico sistema per eliminare lo spesso strato di fango e portarle in superficie intatte fu costruire una pompa apposita, ripristinando l’emissario risalente al VI secolo a.C., svuotando la capienza fino
a quando apparvero le due navi disincagliate. Era il 1929 e l’impresa di Nemi fu un enorme successo per l’archeologia e per l’industria.
Nello stesso periodo venne costruito il Museo delle navi, dove furono poi portate, ma durante la Seconda Guerra Mondiale un incendio, si dice in seguito ad un attacco americano, distrusse tutto, salvando solo alcune parti, come le ancore, le decorazioni e i frammenti di mosaico che erano stati portati a Roma.
Oggi, chi visita il Museo delle Navi Romane a Nemi, si rende conto, anche da quello che è rimasto e dalle ricostruzioni, della grandiosità delle imbarcazioni. Da poco, poi, è rientrato un mosaico in serpentino verde e porfido rosso che era andato perduto, esportato illegalmente e finito a New York in una collezione privata, in seguito recuperato dai Carabinieri del Comando Tutela Patrimonio Culturale e riportato in Italia.
Un’altra sala del museo è invece dedicata ai ritrovamenti nell’area dei Castelli Romani e dal santuario di Diana Nemorense.
Dopo una visita alle navi, è d’obbligo una passeggiata per il borgo di Nemi, alla scoperta di angoli tipici e terrazze panoramiche. Come quella dedicata agli innamorati, inaugurata nel 2015, e che si ispira agli amori mitologici legati al lago.
Come quello tra Diana Nemorense e Virbio, figlio di Teseo, re di Atene, punito da Afrodite
per la sua devozione ad Artemide: in base alla leggenda, venne salvato dalla dea, trasformandolo in vecchio e portato a Nemi, dove venne nominato sacerdote nel suo santuario.
O come quello tra il re Numa Pompilio e la Ninfa Egeria, che alla morte dell’amato si rifugiò tra i boschi intorno al lago per piangere disperatamente, disturbando le cerimonie sacre con i suoi lamenti. Per pietà Diana la trasformò in una sorgente vicina al lago.
Tra leggende mitologiche, archeologia, Storia, natura e gastronomia, Nemi è ancora un luogo molto amato dai romani e non solo, durante i Grand Tour del Settecento e Ottocento i giovani ricchi non mancavano di inserire il lago come loro tappa imperdibile.
Info: www.visitnemi.gov.it
www.visitlazio.com
Foto Massimo Bernardi, dreamstime.com, pixabay
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