Lo sguardo si perde oltre il Tevere, lassù il Gianicolo, accanto il Cupolone fa la sua apparizione. Il giardino degli aranci all’Aventino è una splendida terrazza affacciata sulla grande bellezza di Roma, soprattutto in una pigra domenica mattina di inizio primavera.
Gli aranci delle piante che danno nome al giardino hanno finito di fruttificare, ma offrono un po’ di relax a chi viene qui a praticare tai chi, a suonare la chitarra, a far giocare il cane.
La terrazza dell’Aventino inquadra un panorama unico. Sotto le pendici il roseto di Roma sarà pronto presto a sbocciare, mentre il fiume scorre lento, l’isola Tiberina viene incorniciata dagli alberi sul lungotevere, così come la Sinagoga, mentre l’Altare delle Patria brilla bianco nel sole. Qui si ammira Roma, ma non solo.
Il giardino degli aranci è solo una delle attrattive di questo lato dell’Aventino. Chiamato
anche Parco Savello, perché sorge su quello che era l’antico forte della famiglia Savelli
nel Duecento, il giardino si trova vicino alla chiesa di Santa Sabina: questo spazio
verde fu aperto negli anni Trenta del Novecento destinando a parco pubblico l’area che i padri Domenicani dell’attigua chiesa usavano come orto per creare anche un belvedere come quelli del Pincio e del Gianicolo.
Il giardino fu piantato ad aranci in onore di San Domenico, si dice che amasse predicare
sotto un esemplare di questo albero, che si trova tuttora nel portico della chiesa.
Uscendo dal giardino, infatti, la prima chiesa che si incontra è Santa Sabina, pochi passi ed
è la volta di Santi Bonifacio e Alessio, poi il Priorato di Malta e infine, in un angolo, Sant’Anselmo.
In questo modo l’Aventino sembra consacrato alla spiritualità, al culto, alla pace che traspare dal silenzio in cui le basiliche sono avvolte.
In realtà l’Aventino è sempre stato un centro devozionale, ai tempi dei Romani qui sorgevano
i santuari della Luna, di Diana, di Minerva, di Giunone e molti altri, oltre ad ospitare un nutrito gruppo di stranieri, soprattutto mercanti perché nelle vicinanze si trovava l’Emporium, il porto fluviale, e ad alcune domus imperiali. C’erano anche templi dedicati a divinità orientali.
Nel Medioevo vennero edificate sull’Aventino in un breve tratto le chiese di Santa Sabina, dei Santi Bonifacio e Alessio, e di Santa Prisca, sulla salita al colle.
Santa Sabina è quella che regala un forte impatto emotivo. Sotto di essa si sono ritrovati un mitreo e i resti della casa romana della matrona Sabina, poi identificata come Santa. Su queste fondamenta tra il 425 e il 432 il sacerdote Pietro di Illiria, con il consenso di papa Celestino I, volle costruire una chiesa, dove vennero utilizzate le colonne del vecchio tempio
dedicato a Giunone.
Nel corso dei secoli questa basilica dell’Aventino, con annesso monastero, vide molteplici ristrutturazioni, come nel Cinquecento con i restauri di Domenico Fontana: fu riportata all’antico splendore medievale nel primo Novecento da Antonio Muñoz, che eliminò le sovrastrutture al punto che oggi Santa Sabina all’Aventino rappresenta l’esempio perfetto di basilica cristiana del V Secolo.
Nel Duecento la chiesa visse il periodo di massimo splendore, quando fu donata dal Papa all’ordine dei Domenicani ed ospitò proprio San Domenico, di cui è conservata la cella, trasformata in cappella.
Proprio al Santo sono legate alcune leggende sulla chiesa di Santa Sabina all’Aventino. Nel chiostro si trova la pianta di arancio interrata da Domenico nel 1220: si dice che avesse portato con sé un pollone dalla sua Spagna e che questo frutto sia stato il primo ad essere trapiantato in Italia.
Non solo, la pianta è considerata miracolosa perché a distanza di secoli ha continuato a fruttificare attraverso altri alberi rinati sull’originale, una volta seccato. Inoltre,
si racconta che le cinque arance candite donate da Caterina da Siena a papa Urbano VI nel 1379 siano state colte dalla santa proprio sulla pianta di Domenico.
Oggi si trova riparata da un vetro, proprio di fronte al portale ligneo che un’altra attrazione di Santa Sabina. Risalente al V secolo, è una delle rare dimostrazioni dell’arte paleocristiana e le 18 tavole rimaste raffigurano scene dell’Antico e del Nuovo Testamento.
A destra del portale c’è una colonnina che indica il luogo dove San Domenico era solito pregare durante la notte. Sopra c’è una pietra di basalto nero, probabilmente un peso romano: la leggenda racconta che il Diavolo, infastidito dall’intensità con cui Domenico pregava sul sepolcro contenente le ossa dei martiri, scagliò la pietra contro di lui, senza colpirlo ma infrangendo il mille pezzi la lapide delle reliquie.
L’interno di Santa Sabina all’Aventino è luminoso e molto solenne, con ventiquattro colonne corinzie. Del V secolo rimane solo una decorazione a mosaico con un’iscrizione a lettere d’oro con i nomi di Pietro di Illiria e Celestino I.
Continuando sull’Aventino, si incontra un altro spazio verde con terrazza panoramica. E’ il giardino di Sant’Alessio, un tempo Lazzaretto Comunale, ora destinato a mostre espositive d’arte moderna all’aperto.
Santi Bonifacio e Alessio fu originariamente dedicata solo al primo, martire cristiano, ed era risalente al periodo dal III al V secolo. Nel 986, venne intitolata anche a Sant’Alessio, che secondo una leggenda era un giovane patrizio romano fuggito in Oriente per sottrarsi a un matrimonio combinato. Quando tornò a Roma, molti anni dopo, non venne riconosciuto dai familiari e fu costretto a vivere da mendicante nel sottoscala del suo palazzo fino alla morte.
Nel 1217 la chiesa originaria dell’Aventino fu ricostruita e le reliquie dei due santi furono collocate sotto l’altare maggiore. L’aspetto attuale risale al Settecento ed è un mix di stili ed epoche: dal campanile duecentesco al portico medievale. All’interno, si trova la scala di legno sotto cui sarebbe vissuto Sant’Alessio, con la sua tomba in un trionfo di barocco.
Una curiosità della basilica è la presenza, nella cripta romanica, delle reliquie San Tommaso Becket, arcivescovo di Canterbury: uomo incorruttibile e protettore della chiesa, si rifiutò di allinearsi al volere del re Enrico II sul ridimensionamento dei privilegi ecclesiastici, fuggì nel 1162 dall’Inghilterra per rifugiarsi a Roma, proprio sull’Aventino.
Lasciata Sant’Alessio, si arriva a una delle curiosità dell’Aventino: il famoso buco della serratura attraverso il quale viene incorniciato perfettamente la cupola di San Pietro. Il portone è l’ingresso al Priorato di Malta e si apre sul giardino curatissimo della sede del Gran Priorato di Roma dei cavalieri di Malta.
Già nel Medioevo qui c’era un monastero benedettino fortificato, che poi passò ai Cavalieri Templari, e da loro ai Cavalieri ospitalieri che si stabilirono qui. Nel complesso si trova anche la Chiesa Santa Maria del Priorato, in stile neoclassico con molti dettagli curiosi che rimandano iconografia dell’Ordine, che è visitabile solo su preventiva richiesta per il permesso dell’ Ordine dei Cavalieri di Malta.
Proprio di fronte al Priorato si trova quello che è rimasto un monastero benedettino: Sant’Anselmo copre un angolo immerso nel verde dell’Aventino e nel cortile d’entrata si trovano anche un bar e un negozio di prodotti tradizionali dei monaci.
Malgrado sembri antica, la chiesa risale alla fine dell’Ottocento e venne costruita su un terreno acquistato dai Cavalieri di Malta, in cima a un bastione fortificato creato per la difesa delle istituzioni religiose dell’Aventino nel XVI secolo.
Sant’Anselmo, dedicata al teologo e dottore della chiesa, ha un bel quadriportico d’entrata, mentre le navate all’interno sono separate da colonne di granito e la cripta ospita la biblioteca.
A Roma è molto popolare, non solo per il cortile che emana un grande senso di pace, con gli alti cipressi, ma anche per il canto gregoriano con cui i monaci accompagnano le celebrazioni domenicali. Accanto alla chiesa hanno sede il Pontificio Ateneo Sant’Anselmo e il Pontificio Istituto Liturgico.
Uscendo da Sant’Anselmo e ripercorrendo le strade di questo piccolo angolo del colle, la sensazione di essere in un luogo dall’atmosfera mistica, tra antiche chiese e giardini, consacra l’Aventino a oasi di relax e pace nel centro di Roma.
Info: www.turismoroma.it
Foto di Sonia Anselmo
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