Siamo sull’aereo che da Guayaquil ci porta all’Isola di Baltra – l’aeroporto delle Galapagos – e sorvolando l’Oceano Pacifico pensiamo che tra poco potremo finalmente atterrare su uno degli ultimi paradisi rimasti sulla terra. Giunti sull’isola la prima sorpresa è l’aeroporto che in realtà è solo una pista di atterraggio con accanto una costruzione che ricorda molto un chiosco da spiaggia. Ci vengono controllati i bagagli e quella che sembra una fastidiosa formalità, è in realtà una cosa molto importante. Per salvaguardare, infatti, il delicato ecosistema delle isole è assolutamente vietato introdurre cibo, piante, animali all’interno del Parco Nazionale. Usciti dall’aeroporto siamo condotti alla banchina e rimaniamo sorpresi nel trovare ad accoglierci sul molo una famiglia di leoni marini. A bordo di un gommone ci dirigiamo verso la nave.
È iniziata la nostra avventura fuori dal tempo e così – accompagnati dalla guida – incominciamo a visitare le isole: Sobrero Chino, Santa Cruz, Floreana… lande quasi deserte, abitate solo da tantissimi animali che sembrano sopravvissuti alla preistoria come l’iguana – uno dei simboli delle Galapagos – che con lo sguardo fiero si riposa all’ombra di un cactus. Gli animali alle Galapagos non hanno paura degli uomini e così si può osservare da vicino una Sula dalle zampe azzurre che cova il suo uovo per terra a lato del sentiero. Assistiamo poi allo spettacolo delle fragate che gonfiano una sacca rosso accesso sotto il collo per attratte le femmine nel rituale del corteggiamento.
La mattina veniamo svegliati dai pellicani che passano davanti all’oblò della nostra cabina e sembrano volerci salutare, continuiamo la nostra esplorazione sull’isola Española con le sue lucertole di lava e i granchi rossi come il fuoco. Qui scopriamo anche la più ampia colonia al mondo di albatri che decollano dalle alte scogliere cercando di cogliere il favore del vento. Nell’ultimo giorno del nostro viaggio l’emozione più forte: la nostra guida Jeffrey ci conduce a bordo di un gommone davanti all’isolotto di Santa Fe e lì indossate le pinne e la maschera ci immergiamo. Pochi minuti dopo ci troviamo a nuotare tra le razze e gli squali che ci passano davanti con indifferenza. Siamo sul bus che ci riconduce in aeroporto e nelle orecchie abbiamo ancora un proverbio locale: “Tu oggi lasci le Galapagos, ma le Galapagos non ti lasceranno”, e siamo consapevoli di aver avuto il privilegio di vivere per qualche giorno in un paradiso tanto bello quanto delicato. Toccherà all’uomo impegnarsi per preservarlo.
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