Nikko e il fascino antico del Giappone

La neve depositata sulla strada, accanto ai templi, sulle scale, forma uno spesso strato. Mentre un monaco si dà da fare per spalarla, il suo bianco sporco rende ovattata e in qualche modo fiabesca tutta la zona. L’inverno, sui monti a nord di Tokyo, se andrà piano piano, mentre la primavera con il suo trionfo di colori si affaccia già
prepotentemente.

Nikko è un mondo antico, rarefatto, incontaminato grazie a maestosa vegetazione, fatta di migliaia
di alti e snelli cipressi del Giappone, e spirituale, per i santuari che la rendono meta di pellegrini e turisti. A quasi due ore di treno dalla capitale, la piccola cittadina appare all’improvviso, stretta tra i monti e le gole,
e il primo impatto è il ponte laccato di rosso Shinkyo, una delle immagini più classiche del Giappone.

Tra alberi e nubi basse, il breve arco sovrastata il fiume Daiya, ma soprattutto è legato alla leggenda su come è nata Nikko: oltre 1200 anni fa, il venerabile sacerdote buddhista Shodo Shonin, in cammino per il sacro monte Nantai, non riusciva a superare le acque, così pregò vari dei e in suo soccorso apparvero due serpenti, uno rosso e uno blu, incarnazione del Buddha e delle divinità shintoiste, che si attorcigliarono per creare un passaggio verso l’altra sponda. Il sacerdote, grato, avrebbe deciso di far costruire un centro religioso.

Da allora è un classico esempio di fusione tra Buddhismo e Shintoismo, che vivono in totale armonia anche nelle menti e nel cuore dei giapponesi. Il primo tempio, fondato da Shodo Shonin nel 766, è quello di Rinno-ji. Una
grande scalinata porta a quello che è stato trasformato temporaneamente in museo, dati i lavori di restauro. Dentro, è facile vedere i tanti tesori costuditi, risalenti al periodo Edo, quello di massimo splendore del Giappone, i mille volumi di sutra, le scritture buddhiste e le tre immagini dorate del Buddha Amida, Senju Kannon e Bato Kannon, dalla testa di cavallo: sono le tre divinità montante venerate qui.

Uscendo dal museo, un giro intorno al giardino squisitamente di gusto giapponese, ricoperto di neve e con le lanterne di pietra abbellite dal muschio. Una costante, questa delle lanterne, che accompagna il visitatore in tutta Nikko, che devo il suo sfarzo allo Shogun, ovvero “generalissimo” Tokugawa Ieyasu, che lo scelse come proprio mausoleo e ora è Patrimonio Mondiale dell’Unesco, con molti luoghi considerati tesori nazionali.

Poco oltre il museo e il giardino, si sale la collina, si percorre l’ampio viale dei cedri, si passa sotto il grande torii, il portale che segna l’arrivo ad un luogo di preghiera shintoista, e si viene accolti da una tranquillità quasi surreale. Il rosso dei tetti, il bianco della neve, il grigio della pietra, il verde scuro del bosco, l’azzurro e l’oro delle rifiniture: tutto sembra donare serenità a chi arriva e viene subito catturato dalla vista dalla pagoda.

Donata da un signore feudale nel 1650, è a cinque ordini, ognuno rappresenta un elemento, terra, acqua, fuoco, vento e cielo, ed è stata ricostruita nell’Ottocento dopo un incendio: svettante e superbamente decorate, sembra una muta sentinella del santuario di Tosho-gu. Anche se poi i veri custodi sono le due figure quasi infernali ai lati della porta vermiglia: passata questo, lo stupore è al massimo, per il vasto spazio, occupato da scale, edifici vari, fonti, lanterne, templi.

Un’esuberanza di colori, dal carminio al blu, dal bianco accecante al turchese, tutto con applicazione di lamine d’oro e dettagli incisi ovunque, in un lavoro di due anni di circa quindicimila artigiani. Si potrebbe stare ore a contempleare ogni singola meraviglia: elefanti, pavoni il gatto dormiente. E le scimmie, che sono una costante del parco dove sorge Nikko, ma qui sono raffigurate nell’intarsio della Stalla Sacra, che un tempo ospitava i cavalli: sono le famose tre scimmiette della sagezza: “non odo ciò che non si deve udire, non dico ciò che non si deve dire,
non vedo ciò che non si deve vedere”, o come vogliono i giapponesi dedicate ai bambini che devono aver gli occhi, le orecchie e la bocca riparati dalle brutture del mondo.

Prima di arrivare al santuario vero e proprio, bisogna passare la porta Yomeimon, riccamente decorata con animali
e piante, con una delle dodici colonne decorata al contrario per divertire gli spiriti, e i draghi a tenere i malintenzionati lontano. Da qui, un lungo corridoio, da percorrere rigorosamente scalzi, arriva al mausoleo di Tokugawa Ieyasu, prima di una dinastia che ha dominato per 250 anni, fondatore di Edo, oggi Tokyo, e venerato come un dio e un’incarnazione di Buddha. La magnificenza di Nikko è merito suo e anche del nipote Tokugawa Iemitsu, che volle l’altro importante santuario.

Ci si arriva attraverso un sentiero perso nella vegetazione, fangoso e scivoloso per via della neve, a prima vista sembra meno imponente dell’altro mausoleo, ma è un continuo alternarsi di porte, sculture, fonti, decorati con lacche nere e oro. Circondato da un rarefatto silenzio, più che al tempio Tosho-gu, dove i turisti giapponesi
si fotografano e comprano i talismani portafortuna, sembra perfettamente calato nella natura.

Una costante di Nikko, dove persino la strada principale, giù in basso, vicino al ponte rosso, sembra perduta in un altro tempo, con le sue botteghe di artigianato, dai sandali di legno alle Koheshi, le bambole tradizionali.

Il parco nazionale, dove sorgono anche i santuari, è da non perdere tra monti, laghi, cascate e sorgenti termali, le onsen. Una ripida strada a tornanti, dove si incontrano facilmente le scimmie e i daini che vivono protetti e amati, porta al lago Chuzen-ji, una delle mete predilette dai giapponesi durante le loro gite: spettacolare in primavera con i ciliegi in fiore e in autunno con le foglie fiammeggianti degli alberi, raccolto tra le cime delle montagne, con le acque limpide che luccicano sotto il sole.

Sulle sue rive pedalò a forma di cigni aspettano i prossimi clienti estivi, mentre molti ristoranti offrono specialità gastronomiche. Al villaggio di Chuzen-ji c’è anche l’immagine della Dea Kannon dalle mille braccia, che si dice sia stato scolpita nel legno dal sacerdote Shodo Shoin, quello del ponte dei serpenti.
Quasi nascosta dalla vegetazione,ma facilmente individuabile per i negozi di souvenir e della tipica ceramica locale, grezza ma raffinata, ci sono le cascate Kegon: un salto di ben 96 metri, ghiacciato d’inverno, l’ennesimo trionfo della natura, che a Nikko è ancora dominante.

Info: www.turismo-giappone.it
Foto di Sonia Anselmo e Fiorella Corini

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