Chianti Lovers, amanti del buon vino

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Il Chianti è il vino rosso che si produce in larga parte del territorio toscano, secondo una metodologia tradizionale e che ha nel Sangiovese il suo vitigno fondamentale. Il Chianti prodotto con uve che crescono nell’area geografica Chianti e si denomina Chianti Classico. Poi ci sarebbe da dire altro,  ma evitiamo di ubriacarsi di definizioni.
Allora cosa è stato Chianti Lovers 2016? E cosa significa anteprima? L’evento del 14 febbraio è stata la passerella in cui il Consorzio Vino Chianti,  anno di costituzione 1927, ha presentato i vini Chianti docg 2015 e la Riserva 2013, provenienti dalle docg riconosciute, collocate nelle provincie di Arezzo, Firenze, Pisa, Pistoia, Prato e Siena, sono quelle dei Colli Fiorentini, Chianti Rùfina, Chianti Montespertoli, Chianti Montalbano, Chianti Colli Aretini, Chianti Colline Pisane, Chianti Colli Senesi. Le aziende consorziate
immettono sul mercato circa 110milioni di bottiglie, in larga parte destinate al mercato estero, Stati Uniti in particolare,  per un valore commerciale complessivo di 400milioni di euro; cifre interessanti. 115 i produttori convenuti dalle zone docg per far conoscere le novità vendemmia 2015 e Riserva 2013, che come il Disciplinare impone non possono essere ancora commercializzate, e altre annate già pronte.
I Chianti Lovers hanno iniziato ad animare gli spazi dal pomeriggio fino alla chiusura, armati di calice, i più professionali  prendendo appunti sui vini assaggiati, un pubblico ciarliero, composito per età e conoscenza, dai curiosi ai veri fan. Il numero delle presenze ha confermato che la kermesse è stata di gradimento, con un incremento rispetto all’edizione 2015, raggiunta quota 3000 ingressi. Per gli appassionati è l’occasione di conoscere le facce dietro alla bottiglia, per tutti la possibiltà di scoprire qualcosa in più.
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Nella mattinata, mentre nei saloni destinati al pubblico si concludeva l’allestimento, nello spazio contiguo l’atmosfera era silenziosa,  gli addetti ai lavori, sommelier e giornalisti erano seriamente concetrati a carpire i segreti di un neovino e della riserva di una vendemmia difficile.
Il giudizio condiviso sul Chianti 2015 è stato che il vino porta tutte le caratteristiche di un’annata robusta, quindi potrà essere un gran bel risultato,  adatto all’invecchiamento, ma che al 14 febbraio, a pochi mesi dalla raccolta, è troppo esuberante, giovane, immaturo, un promettente fuoriclasse.  L’area degustazione per stampa & company, come quella riservata al pubblico è stata realizzata in un ex-capannone industriale,
l’ex-Manifattura Tabacchi, una vasta area di archeologia industriale urbana, con tutto quel fascino fiabesco tra l’inquietante e lo stupore,  che di per sé ha la capacità di creare bolle di tempo. In questo capannone sono stesi dei tavoli, dove ogni posto è preparato con una tovaglietta di carta, sopra alla quale è disposto un semicerchio di sei calici, poi un libretto promemoria, in cui sono indicati tutte le aziende viticole partecipanti al Chianti Lovers, suddivise per zona, con alcune righe per annotare i giudizi e le opinioni. Ogni tipo di vino era contraddistinto da un numero, alcuni sommelier, prendevano nota della combinazione e poi ritornavano al tavolo, un po’ macchinoso come sistema. Molti assaggiatori si sono lamentati della lentezza,  sarebbe bastato qualche sommelier in più o semplicemente predisporre bigliettini in cui scrivere la sestina scelta. Fuori è in corso temporale che ha l’uggiosità della pioggia invernale e la forza prorompente di quella primaverile, non ho fretta di uscire da qui.
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La tensione è da sala chirurgica, a parte chi già si conosceva, in realtà scarsa è la propensione alla socializzazione, molti i giornalisti stranieri, europei ed extracontinentali, in particolare asiatici.
Lo sguardo sempre attento a osservare il collega, a scrutare le sue reazione all’assaggio, un attimo di pausa, quando viene comunicata la sequenza dei vini, ognuno adottata un proprio criterio di selezione. Al mio tavolo si siede un inviato di una nota e longeva rivista francese di vino. I cugini d’oltralpe, considerati un passo avanti in fatto di vino, bravi nel produrlo e nel farlo arrivare al bicchiere, la domanda è inevitabile: i  professionisti italiani che si occupano dell’eno-mondo lo sanno raccontare? Secondo l’esperto francese, che conosce bene la realtà italiana,  la qualità professionale è cresciuta, la competenza enologica è di buon livello, il vero problema è che poche sono le persone che possono vivere parlando di vino, in Francia, rispetto all’Italia, c’è qualche possibilità maggiore, ma non una differenza sostanziale, questo significa che molti devono dedicarsi ad altro, la parzialità del tempo dedicate e la discontinuità creano indubbiamente un limite per ulteriori sviluppi.  Per Carlo Macchi, direttore wwww.winesurf.it, quello che manca agli eno-narratori nostrani è la capacità di agire come mediatori culturali verso gli stranieri.  Non scrivere in inglese, ma per gli inglesi, non limitandosi alla traduzione della terminologia tecnica, ma capire se, ad esempio, quella descrizione del colore  abbia un senso per un inglese. Lasciare che siano gli altri a parlare del nostro vino ha un valore, farlo in prima persona in quanto testimoni diretti ha un plus considerevole, sforzandoci di essere compresi. Pensieri, osservazioni, sorseggiare un buon vino fa meditare.
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Foto di Maria Luisa Bruschetini e Federica Di Giovanni

Info www.consorziovinochianti.it

 

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