Il volto ieratico, la torcia ben in alto, la corona con le punte che si propagano nel cielo. La statua della Libertà è molto più che un’opera d’arte: è un’icona non solo di New York, un monumento che rivela simboli di ogni genere, un emblema di condizioni sociali e sogni da realizzare.
Liberty Enlighting the World, La libertà guida il mondo, è il suo vero nome, una dichiarazione di intenti che mai come oggi dovrebbe essere presa alla lettera, un monito a condurre i popoli.
Per oltre cento anni, la statua della Libertà, già visibile a 40 chilometri di distanza, è stata
la prima immagine dell’America per chi arrivava dal mare, viaggiatori o immigrati.
Domina la baia formata dal fiume Hudson, ma il suo volto è diretto all’acqua, all’orizzonte lontano: chi saliva i 354 gradini interni della vecchia scala a chiocciola, stretti, spesso in fila lunghissima, un passo ogni parecchi minuti, in soffocante respiro e vertiginosa visione, fino alla corona rimaneva deluso nel vedere solo il mare e poco del famigerato skyline
di New York. Quasi fosse questa stessa angolazione un simbolo di benvenuto e allo stesso tempo
di riflessione a temi importanti, come appunto la libertà.
Sulla rocciosa Liberty Island, alla foce del Hudson, con Manhattan poco lontana, la statua della Libertà si raggiunge in pochi minuti con un traghetto che parte da Battery Park e conduce anche alla vicina Ellis Island, che poi è stato il porto d’approdo di migliaia di immigrati europei, che dopo aver visto Lady Liberty, come la chiamano i newyorkesi, venivano fatti scendere qui per i controlli. Oggi Ellis Island ospita un museo dell’immigrazione.
Appena si arriva alla Liberty Island, il primo impatto è con il piedistallo a forma di stella, anch’esso imponente non meno della statua, che è alta, da sola oltre 46 metri (con il basamento arriva ai 93 metri), pesa 204 tonnellate, con piedi lunghi 7 metri e mezzo.
Vederla da sotto è un’altra emozione, quasi si viene schiacciati dalle sue misure. Il basamento
è adeguato: un enorme blocco di granito, acquistato con contributi e donazioni del popolo, dove fu
inciso un sonetto della poetessa Emma Lazarus dedicato agli immigrati che giungevano a New York.
Concepita inizialmente come faro (e ha anche funzionato per 16 anni in questo modo), la Statua della Libertà fu un dono della Francia agli Stati Uniti per commemorare il Centenario della Dichiarazione di Indipendenza, nel 1886.
Fu ideata da Frédéric Auguste Bartholdi, anche se lo scheletro portante fu progettato da Gustave Eiffel e si compone di colonne e travi reticolari d’acciaio.
La storia della sua realizzazione è alquanto curiosa. Bartholdi, nato a Colmar in Alsazia (dove oggi si trova un museo dedicato alle sue opere con molti bozzetti della Statua della Libertà), era stato incaricato di creare una gigantesca scultura da mettere all’imbocco del canale di Suez, appena inaugurato: egli si ispirò alla dea egizia Iside per realizzare l’imponente statua, ma le sue vesti rivelatori del corpo non vennero apprezzate dai musulmani egiziani e il progetto venne accantonato.
Rinacque a nuova vita nel 1875 quando Bartholdi fu scelto per il dono dei Francesi agli Americani in occasione del centenario della Dichiarazione di Indipendenza. Lo sculture adottò la vecchia idea e questa volta si ispirò alla dea romana Libertas, divinità legata appunto alla Libertà: l’abito di rame divenne come le antiche toghe, formato da pieghe che se fossero di stoffa occorrerebbe circa 3500 metri di tessuto.
Alcune ipotesi suggeriscono che Bartholdi si inspirò anche a due statue italiane e a un dipinto francese: la Libertà della Poesia di Pio Fedi, che si trova nella basilica di Santa Croce a Firenze, un’opera di Camillo Pacetti sulla balaustra del Duomo di Milano e il dipinto La Libertà guida il Popolo di Eugène Delacroix.
Anche se la storiografia ufficiale vuole che Bartholdi ritrasse nel volto della Statua della Libertà la madre Charlotte. Comunque, l’artista lavorò nel suo laboratorio di Parigi, sull’isola dei Cigni, dove tuttora si trova un esemplare più piccolo della Statua della Libertà, che guarda verso la sorella maggiore al di là dell’oceano. La testa e la torcia, prima di partire per gli Stati Uniti, vennero esposte per l’Expo di Parigi ai giardini del Trocadero.
Alla fine, il 17 giugno 1885 la Statua della Libertà arrivò a New York per essere assemblata e sistemata: la struttura e i trecento fogli di rame sagomati viaggiarono stipati in 214 casse sulla nave francese Isere, che rischiò di affondare per una tempesta e per il troppo carico.
La Statua della Libertà, oltre al concetto principale, ha altri simboli da ricercare. Come la torcia, che rappresenta sia la luce della libertà che quella della conoscenza e della sapienza, come le catene che vengono calpestate dagli enormi sandali ai piedi, per indicare lo spezzare dell’oppressione, la tavola che tiene in mano con la data della Dichiarazione di Indipendenza Americana, 4 luglio 1776, in numeri romani, a simboleggiare la legge, le punte della corona in testa sono sette come i mari o i continenti mentre le finestre sono 25 gemme.
La fiaccola originale fu sostituita nel 1984 con una ricoperta d’oro ed è stata sistemata nell’atrio all’interno della statua, che è stato ristrutturato parecchie volte e adeguato alla contemporaneità con scale mobili, mentre il colore verde della scultura è dovuto alla salsedine che ha ossidato il rame originario.
Per molti, che attraversavano l’oceano in cerca di fortuna, la statua della Libertà era il primo impatto con gli Stati Uniti e vederla significava essere finalmente arrivati in un luogo dove poter mettere in pratica i propri sogni.
Per questo Lady Liberty, così enorme e imponente, è un simbolo in sé: quello di poter vivere in libertà, realizzando i desideri e attuando le capacità personali. Un messaggio quando mai attuale in questo periodo dove queste doti e la stessa libertà sono a serio rischio, con la statua che sembra un faro nel buio a indicare la strada.
Info: www1.nyc.gov/
Foto Pixabay
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