Il cielo azzurro gioca ad esaltare le statue scure, i pochi battelli solcano le acque, due suonatori intonano le note della “Pantera Rosa”. Sul Ponte Carlo c’è una tranquillità inaspettata in questi giorni strani, dove il terrore e la pandemia tengono lontani i turisti da Praga e da qualsiasi città.
E’ spiazzante, per chi è abituato a vedere la capitale ceca invasa di gente di ogni parte del mondo, osservare la piazza dell’Orologio, la piazza della Città Vecchia e il Ponte Carlo, luoghi iconici di questa meravigliosa città, poco affollati. Non è per forza un effetto negativo, anzi sul ponte si passeggia, ci si ferma a fare le foto e a guardare la Moldova giù in basso e il Castello in alto sulla sua collina, con meno stress.
Chissà come se la passano i folletti verdi Vodník, una delle tante leggende del ponte, che vivono sotto le arcate e
che salvano le anime di coloro che annegano nelle acque. Forse si riposeranno anche loro, insieme ai cigni che da sempre solcano con eleganza il fiume.
I battelli sono diminuiti, come gli artigiani e i pittori che vendono le loro produzioni sui banchetti, ma il fascino del Ponte Carlo è immutato, così strettamente legato a questa città infinitamente seducente. Con il sole accecante, con i colori intensi dei tramonti, con le atmosfere brumose dell’inverno. Sempre.
In questo punto del fiume, c’è sempre stato un collegamento tra le rive: in origine era soltanto una passerella di tronchi di legno legati tra loro, intorno al 1170 Vladislav II fece costruire un ponte in pietra dandogli il nome della moglie, Giuditta. Però le inondazioni durante i secoli provocarono molti danni e addirittura lo distrussero.
Così nel 1357 re Carlo IV commissionò un nuovo attraversamento del fiume. C’è una curiosità legata alla posa della prima pietra sul Ponte Carlo, che prese il nome proprio dall’amato sovrano, anche a capo del Sacro Romano Impero.
La posa avvenne esattamente alle 5:31 del mattino del 9 luglio del 1357: una combinazione di numeri che fa ottenere una scala crescente e decrescente il cui culmine è il numero 9. Una circostanza che ben si addice alla fama di Praga come legata alla magia.
La costruzione del ponte di pietra fu affidata a Petr Parlér e fu finita dopo la sua morte, all’inizio del XV secolo. Quello che è stato uno dei ponti più possenti dell’epoca e per molti anni l’unico della città sulla Moldava è formato da blocchi di pietra arenaria rinforzata, si dice, con la malta unita all’albume di uova per aumentarne la solidità, è lungo circa 520 metri e largo quasi 10, poggia su 16 arcate le cui dimensioni variano da 16 a 23 metri.
Nonostante questo, il Ponte Carlo ha subito sempre danni e distruzioni dalle varie inondazioni. Oggi è un’isola pedonale, dove fermarsi a gustare l’atmosfera della città, ma un tempo era attraversato da carrozze a cavalli (consentiva il passaggio di ben quattro veicoli affiancati), da tram e da autobus.
Arrivando a piedi dalla Città Piccola, si arriva al Karluv Most, il ponte Carlo in ceco, attraverso una porta con la Torre del ponte, in stile gotico, che si può anche scalare per ammirare le splendide cento guglie di Praga, e a destra l’antica Torre di Giuditta, risalente alla prima costruzione.
Subito vengono incontro i gruppi di statue, da una parte Cristo tra i Santi Cosma e Damiano e dall’altra San Venceslao. Quella di ornare tutto il ponte con le sculture fu un’idea del Seicento, in piena epoca barocca, per voler imitare il ponte di Sant’Angelo a Roma con le opere di Gian Lorenzo Bernini.
Oggi le trenta statue sono delle copie, per limitare i danni del tempo e delle intemperie: gli originali sono conservati nel Museo Nazionale.
La più antica e sicuramente la più amata dai praghesi è quella raffigurante San Giovanni Nepomuceno, vicario generale dell’arcivescovo. Nel 1393, su ordine del re Venceslao IV, venne torturato a morte e poi gettato legato nel fiume proprio dal Ponte Carlo, perché si era rifiutato di sottomettersi alla volontà del sovrano e di tradire il segreto confessionale della regina Sofia. Al suo posto emersero cinque stelle, le stesse che ornano l’aureola del Santo.
Il basamento della scultura, che descrive il martirio del santo, è lucidissimo: è continuamente toccato e fotografato da turisti e locali, sia come gesto scaramantico porta fortuna, sia perché si dice che avveri i desideri e che chi lo accarezza tornerà sicuramente a Praga.
Tra gli altri gruppi di sculture, ognuno con la sua storia, raffigurano santi come San Francesco d’Assisi con due angeli, Sant’Agostino, Sant’Antonio da Padova, Sant’Anna, San Giuseppe, San Giovanni Battista.
Moltissime sono poi le curiosità legate alle sculture: ad esempio il Crocifisso ligneo per secoli fu l’unica decorazione del ponte, nel blocco dedicato a San Francesco Saverio il missionario è sorretto da alcuni infedeli convertiti, uno dei quali ha il viso dell’autore dell’opera Brokof, in quella della Madonna con i Santi Tommaso e
Domenico, due domenicani, con un gioco di parole dal latino “Domini canes”, i cani di Dio, appare un cagnolino, il Barbuto ornava già il Ponte Giuditta e segnava il livello dell’acqua nell’antica Boemia, San Cristofaro, che portava sulle spalle i pellegrini per attraversare un fiume impetuoso e trasportò così anche Gesù, è stato messo dove nel 1784 c’era una postazione di guardia trascinata in acqua, con le sentinelle, durante un’inondazione.
Molte delle sculture hanno subito danni dalle intemperie, spesso sono state cadute nel fiume e poi ritrovate.
Ma sicuramente la più curiosa di tutte, anche perché richiama un’antica leggenda boema, è quella di Bruncvík, il cavaliere che si erge su di un piedistallo nell’acqua sotto il gruppo dei Santi Vincenzo Ferrer e Procopio. Si narra che Bruncvík andò nei paesi stranieri per conquistare il diritto di migliorare lo stemma che avrebbe dovuto raffigurare un leone al posto dell’aquila nera originaria.
Durante i suoi viaggi incontrò davvero un leone, che salvò da un drago a nove teste e da quel momento il felino divenne un suo fedele compagno. Bruncvík aveva una spada magica che, secondo la leggenda, tagliava da sola le teste ai nemici. Dopo il suo ritorno a casa, la sotterrò nel ponte Carlo: l’avrebbe dovuta trovare San Venceslao nel punto in cui il suo cavallo avrebbe battuto la terra con uno zoccolo durante il suo passaggio sul ponte mentre il sovrano stava correndo in aiuto del paese boemo. La spada avrebbe annientato il nemico, restituendo per sempre
la pace alla Boemia.
Si dice che, durante il restauro del ponte in seguito all’alluvione del 1890, sotto la pavimentazione sia stata veramente trovata una grande spada arrugginita.
Anche il ponte stesso non si esime dalle curiosità: al suo centro, nel 1648, venne firmato l’armistizio con gli svedesi per evitare l’occupazione durante la Guerra dei Trent’anni.
Da queste arcate sul fiume è passata di certo la Storia, mentre oggi si passeggia, rallentando per godersi il panorama, accompagnati dalle note di qualche musicista di strada.
Fino ad arrivare all’altra estremità, quella verso la Città Vecchia e la Torre del Ponte, risalente a fine del Trecento, progettata anche per essere una parte integrante delle fortificazioni e oggi visitabile.
Qui, tra le sculture che la ornano, c’è quella dedicata al sovrano del ponte, Carlo IV. Chissà se l’antico re avrebbe mai immaginato che la costruzione sarebbe diventata uno dei simboli più amati della sua Praga.
Info: www.prague.eu
www.visitczechrepublic.com/it-IT
Foto di Sonia Anselmo
In collaborazione con www.visitczechrepublic.com/it-IT
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