Il profilo del promontorio si scaglia all’orizzonte, mentre il mare luccica e le bouganville colorano di viola i muri bianchi in primavera, gli stessi che la vite americana incendia di rosso in autunno. Ad ammirare San Felice Circeo si subisce la stessa malia che provò Ulisse, passato qui tra l’opera incantatrice della Maga Circe.
Quel potere stregante è rimasto nel borgo della costa laziale, appollaiato sopra un promontorio che dall’aereo
sembra un’isola e da vicino appare come il ritratto di una persona di profilo, un’assomiglianza che alimenta
leggende e storie metropolitane. Chi ci vede in quell’ipotetica silhouette montana addirittura Mussolini, che
queste terre trasformò da palude in campi da coltivare con la bonifica pontina, chi invece, forse più
romanticamente, ci vede proprio la Maga Circe, colei che era abituata a convertire le sue vittime in maiali.
Secondo le ricostruzioni, nell’antichità all’epoca di Omero, San Felice Circeo era davvero un’isola circondata
dal mare ed era perfetta per essere una tappa dell’Odissea: qui viveva la semidea greca figlia di Elio, il Sole
e della ninfa Perseide, che faceva schiavi incantando i marinai di passaggio, tutti tranne Ulisse, reso
immune da un’erba magica datagli da Ermes: invece di diventare un maialino, il prode visse una storia d’amore con la maga.
Tuttora la zona di San Felice Circeo vive sul mito, con i nomi dei protagonisti ben presenti in viali, lotizzazioni e alberghi. Impossibile non pensare ad Ulisse e a Circe guardando il promontorio dalla spiaggia di Sabaudia, immortalato in centinaia di film, video e fotografie.
Ma San Felice Circeo non è solo quello. E’ un luogo dell’anima per chi ha la fortuna di conoscerlo fuori stagione, non con i vacanzieri chiassosi dell’estate, le spiagge piene con gli asciugamani a un millimetro da te, i pescatori del niente intestarditi a prendere micro pesciolini gettando l’amo sfiorando i bagnanti, le macchine in tripla fila, le code per la pizza d’asporto, e l’afrore del sudore lungo le bancarelle del mercato del martedì. Quasi un girone dantesco, altroché la malia dell’Odissea.
Ho sempre atteso spasmodicamente il distacco tra il 31 agosto e il 1 settembre, basta una notte e cambia tutto, con l’esodo al contrario, via la gente, bentornata serenità. Cambia pure la luce, in modo quasi palpabile, come a dire che la natura si riappropria dello spazio, cambia il mare che diventa trasparente e limpido, caldo fino agli inizi di novembre, cambiano i panorami con le isole pontine sempre più nette all’orizzonte.
L’inverno con il mare grigio e le onde imbizzarrite che scavalcano i muraglioni del porto, la primavera con i colori dei fiori spontanei e le spiagge vuote dove corrono felici i cani, l’autunno che tinge del rosso della vite americana le siepi: allora sì, che San Felice Circeo diventa un’oasi di pace a cento chilometri da Roma e che si possono ammirare i dettagli di questo luogo sospeso tra leggende e realtà.
E’ il panorama la prima cosa che colpisce: le isole pontine che sembrano talmente vicine da poterle toccare, le scogliere sotto il Faro che spumeggiano con le onde, le mura Ciclopiche che testimoniano l’antico passato, le torri costruite da Papa Pio IV nel 1562 per difendere il territorio dai pirati Saraceni, il paesino medievale con le sue terrazze affacciate sull’entroterra ricco di serre e ville con lo sguardo che si perde fino a Terracina, lungo la pianura Pontina e la costa fino a Sperlonga, i pescherecci carichi che fanno ritorno al porto, i gabbiani che si riposano sulla sabbia, i surfisti che si allenano nelle baiette, la pineta dal forte profumo, le chiesette minuscole, una all’esterno del paesino in alto e l’altra al centro della strada commerciale del paese in basso.
Sempre fuori stagione si possono “sentire” le presenze di chi ha vissuto e amato in questi luoghi: Ulisse, certamente, ma anche l’Uomo di Neanderthal che fu ritrovato in una delle tante grotte visibili dal mare, i Romani che avevano le loro ville per l’estate, esattamente come i loro discendenti attuali, sulle sponde del lago a Torre Paola, i Templari che venivano a pregare in paese, Lucrezia Borgia che venne ospitata nel palazzo baronale, Anna Magnani che è sepolta nel cimitero locale, così come un altro abituale frequentatore, l’attore Alberto Lupo.
Ce n’è per rimanere ammaliati come Ulisse anche senza la sua maga. Su tutto, però, i colori del mare che cambiano velocemente dal verde all’azzurro, al blu, al cobalto. Insieme a quelli della vegetazione, così San Felice Circeo, lontana dall’affollata estate, rimane indelebile nel cuore, capace di ammaliare la sua Circe.
Info:
www.comune.sanfelicecirceo.lt.it
www.latinaturismo.it
Foto di Sonia Anselmo
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