Un’escursione facile e poco impegnativa da Roma, ma che vi regalerà delle grandi soddisfazioni a livello naturalistico, è al Parco di Veio, lungo l’itinerario Mola di Formello e torrente Crèmera.
Nei pressi della via Cassia o della via Flaminia è facile imbattersi nel cartello indicante Veio, composto da due simboli: la statua in terracotta del dio Apollo e il riccio, a promessa di un luogo ricco di storia e natura. Un cartello tanto presente eppure labile: il parco pare stare ovunque e da nessuna parte al tempo stesso.
Non aspettatevi cancelli, recinzioni, entrate o precise indicazioni di dove inizi e dove finisca. Più che altro è un territorio. E come tale vi circonda. Con i suoi quasi 15.000 ettari, attraversa ben nove comuni: Formello, Campagnano, Castelnuovo di Porto, Magliano, Mazzano, Morlupo, Riano, Sacrofano e la stessa Roma.
E qui dovete cercarlo, andando alla scoperta del parco attraverso i sentieri di terra che attraversano i boschi, i prati, lambendo torrenti e passando per i campi che spesso non hanno neppure nome, non regolati dall’uomo, ma dalla natura soltanto.
Si visita così, il Parco di Veio. Senza cercare qualcosa di specifico, apprezzando la bellezza della natura che vi si presenta camminando, scoprendo gli angoli che più vi piacciono. Inventandovi il vostro percorso, il vostro Parco. Oppure sentendolo ovunque. In quei paesi che del parco fanno parte, dove la gente stessa è il parco. Lo vedi da quel modo di vivere lento, tranquillo, che non prescinde dal contatto con la natura. Lo vedi dalla cordialità, dal sorriso, dall’amore per gli animali.
Ma veniamo a noi. Un primo approccio valido al Parco di Veio, per chi non c’è mai stato, a mio avviso può essere l’itinerario per la Mola di Formello. Molto completo perché offre una varietà di ambienti che rappresentano il territorio. Ovviamente anche qui non aspettatevi cartelli segnaletici precisi.
Si gioca d’istinto. Dal paese prendete la strada che porta al santuario di Santa Maria del Sorbo, e fermatevi prima: ai lati dei pascoli, dove c’è uno spiazzo e vedete le macchine parcheggiate e una grossa scultura di ferro. E da qui iniziate la vostra avventura con la mente aperta. Scendete la valle sottostante ed esplorate con sete di conoscenza.
Molte sorprese vi aspettano. La prima è un ambiente naturale subito assoluto. Verrete accolti da prati circondati da boschi. Un buon umore crescente sarà compagno del vostro distacco dal mondo civile. Una camminata energica ne sarà conseguenza. Notiamo fioriture primaverili a colorare il prato qua e là di macchie violacee e a profumare l’aria.
La seconda sorpresa è il rumore dell’acqua. Che rasserena. Che placa l’anima inquieta e regala una ritrovata serenità. Seguitelo, questo suono. Fino a che non ne scoprirete l’origine: il torrente Crèmera. Scorre leggero, non pretenzioso. Discretamente protetto dai boschi che accendono i riflessi dell’acqua di verde e marrone. Le sponde umide. Fatte di prato e fiori. Tappeto con cui la natura copre la nuda terra, adornando le sponde. Trasformandolo in luogo di fiaba.
Ed ecco che un altro suono cattura la vostra attenzione. Gli uccellini che cantano dolcemente, contribuendo ad accrescere una sensazione di generale rilassamento e distacco dalla città. Un benessere che viaggia nell’aria, leggero e delicato e sempre presente.
Poi il bestiame si materializza all’improvviso da dietro il bosco. Le mucche scendono per bere al torrente. Pascolano in libertà. Com’era una volta. Come oggi solo le più fortunate di loro possono fare. E già si individua l’anima di questo luogo: un’anima antica. Fatta di verità, di semplicità, di misura. Delle cose com’erano un tempo. Delle cose buone, naturali, che possono continuare anche oggi, sapendole riconoscere, valorizzare e preservare.
Un’anima assolutamente bucolica. Di pascoli, prati e animali in libertà. Delicata e rilassante. Fruibile. Quanto è facile qui correre sui prati, spensierati, dimenticando tutto il resto del mondo! Nel torrente si riflette una nuvola. La sensazione è d’avere a disposizione tutta l’ampiezza del cielo, oltre quella del prato. Spazia la vista. Si apre il respiro dell’anima. Viene spontaneo seguire il corso dell’acqua. E poi seguire il giorno. Così come la vita.
Partecipare allo scorrere di tutte le cose. E così, semplicemente vivendo, si scorge anche una mandria di cavalli selvaggi, meravigliosi, al pascolo sopra il fiume, in un prato di primavera. Bianchi, marroni, piccoli e grandi, uniti in una sola grande famiglia. Forti, eleganti e possenti, sono di una vera e propria bellezza. Privilegio è vederli così da vicino e liberi nella natura.
Continuando il cammino si arriva agli alberi grandi, quasi alla fine del giorno, quando il sole è radente e ingigantisce il grande prato circostante. Quello che colpisce di questo luogo è la natura selvaggia così a portata di mano, in un contesto anche assolutamente fruibile, fatto da pratoni ordinati che si prestano al gioco di bambini, ai pic-nic, sport e ad ogni attività all’aperto che, nel rispetto della natura, può essere svolta tranquillamente anche qui. A due passi: mucche, cavalli, cinghiali e chissà quanti altri animali del bosco.
E c’è ancora da esplorare in questo luogo ampio e ameno. E così, attraversato il fiume e passata la fila degli alberi, l’ultima scoperta è la cascata in cui si getta il torrente. Proprio una sorpresa non è, se vi ricordate siamo giusto lungo l’itinerario per la Mola di Formello, sicché quando sentirete il rumore dell’acqua farsi più forte, imporsi all’udito più del delicato torrente che ci ha accompagnati finora, saprete di essere arrivati alla fine. Dell’acqua. Dell’itinerario. Del giorno. Poco importa. Tutte le cose che scorrono, per natura sono destinate a finire. E qui la fine è maestosa. L’acqua si getta nel vuoto, avvolgendo la roccia su cui cade, potente, per poi raccogliersi nel laghetto sottostante. Tutt’intorno boschi incantevoli, muschi e felci. Frescura e un albero antico, che si arrampica su mura in rovina, dove una volta c’era la vita.
Tornando, il vento accarezza il viso, rigenera e fa sentire vivi. Vicini alla verità delle cose che contano. Tornano alla mente ricordi di primavere lontane, e la spiritualità del luogo e della belle giornata vissuta regalano serenità di spirito, pago di desiderio.
E quando tutto pare sia già stato vissuto, compare all’improvviso, come un’ultima sorpresa che ci regala questo luogo, una donna su un cavallo nero. Galoppa con i capelli sciolti, incontro al vento, incontro alla cascata, incontro al tramonto. E’ parte stessa del luogo. E’ la personificazione della natura del parco di Veio. Ed è felice. Non possiamo che immaginarla così.
Impossibile non desiderare di essere lei e di vivere esattamente questo istante di vita.
Info: www.visitlazio.com
Foto di Paola Tornambè
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