Quando arrivi allo Stagnone di Marsala (TP) ad imbarcarti per Mozia, ti accolgono le saline. Acqua recintata, lucida come uno specchio, quasi metallica, che sa accendersi di colori vibranti.
Da lì, da un luogo di produzione di un elemento essenziale, il sale, per la nostra vita
che riesce a suscitare incanto, si lascia questo mondo per avventurarsi a Mozia.
Il Signor Pugliese ci conduce attraverso lo Stagnone, raccontandoci la storia di coloro che abitano il tempo, e ti fa sentire tra quei abitatori. I primi furono i Fenici, VIII sec a.C., che scelsero quest’isola dalle acque tranquille per esplorare la Trinacria. Mozia riprende l’antico nome fenicio, successivamente, in epoca bizantina fu denominata Isola di San Pantaleo.
Da lontano non si vedono archeologie imponenti, vestigia suggestive. Si può percorrere la sua circonferenza con una semplice passeggiata solo per sgranchirsi le gambe, senza osservare, né annotare, affascinati dal sommesso rumore del mare.
Basta entrare al piccolo Museo per capire che quella isola, apparentemente, semplice e magnetica sa portarci altrove.
Il Museo Giuseppe Whitaker raccogliere i reperti delle diverse campagne di ricerca avvenute nell’isola. L’oggetto di fronte al quale si può solo rimanere estasiati, è la statua del “Giovinetto di Mozia”, opera in marmo databile intorno al 450 a.C. che ci colpisce per la sua eleganza.
Difficile dire con certezza chi raffigura, forse un auriga, la staticità dell’opera sottolineata dallo sguardo severo si stempera in un corpo atletico e flessibile.
Joseph Whitaker, a cui è intitolato il museo, acquistò Mozia e avviò scavi archeologici, il risultato di questi furono pubblicati nel 1921. Il progetto dell’ornitologo e archeologo anglo siculo è portato avanti dalla Fondazione omonima, che è proprietaria dell’isola e gestisce il museo.
Dopo una ventilata pausa sotto gli alberi tra odore di mare e gusto di granite, è inevitabile riprendere l’esplorazione del territorio, tra vigne, muretti a secco, pietre scolpite, ricordi di genti lontane, ti trovi per caso davanti a una vasca quadrata, il kothon, nel breve attimo
di un respiro, ti senti il corpo pervaso da tutta la spiritualità femminile, di tutta quella forza che le preghiere delle donne sanno raccogliere, sotto qualsiasi latitudine, in ogni epoca, di quella fede che ci conduce diretta alla Vita.
Per lungo tempo si è ritenuto che fosse un ricovero per le barche, studi più recenti ci dicono che sia stato un luogo dedicato al culto di una divinità femminile.
Qualunque sia stato la sua origine e il suo utilizzo, è bene fermarsi e immaginare. Dopo Mozia sembra parlarci ancora un linguaggio diverso. È difficile, ma bisogna pur ripartire.
Info: https://fenici.net/
www.visitsicily.info
Foto Maria Luisa Bruschetini, Pixabay
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Bellissime foto. Viene la voglia di fare la valigia ed andare a perlustrarle palmo a palmo…. Grazie!
Ogni volta che leggo gli articoli di Maria Luisa , rimango colpita della conoscenza che lei ha dell’arte e la storia del luogo e dell’arte. Viaggio con lei nei luoghi che , un giorno vorrei conoscere, perché te ne fa apprezzare il valore e la bellezza.
Ho avuto la fortuna di visitare questi luoghi su consiglio e guida di Maria Luisa!Una vacanza indimenticabile! Grazie! La consiglio a tutti!
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Brava! Bellissimo articolo!