Gli angoli fioriti, le stradine in discesa, le antiche pietre: tutto all’isola del Giglio sembra
fare da scenografia per l’azzurro del mare. Le terrazze panoramiche si aprono verso l’immensità, lasciano senza fiato per i colori della natura, in un trionfo di macchia mediterranea.
Quest’isola dell’arcipelago toscano è ancora un prezioso avamposto della natura, apprezzata per il mare, le calette e le spiagge, come quella di Campese a nord. Ma è molto altro ancora, tutto da scoprire, come il borgo di Giglio Castello, uno dei più belli d’Italia, a cui si accede con una strada panoramica, che sbircia tra il blu dell’acqua, il verde della vegetazione e un faro settecentesco sulla costa.
All’isola del Giglio ci si arriva in un’ora con il traghetto da Porto Santo Stefano e dall’Argentario,
il primo impatto è con Giglio Porto, con i palazzi colorati, i negozi e i ristoranti, e gli scogli: proprio questi hanno lasciato nell’immaginario collettivo un ricordo indelebile, la tragedia della Costa Concordia, che appunto sbatté contro le rocce e affondò per una buona parte. Ai tempi in cui la nave era ancora lì, era impressionante vedere dall’alto la sua sagoma apparire dall’acqua a così breve distanza dai moli e dalle barchette ancorate.
Dal porto la strada panoramica, anche prendendo i bus locali, porta all’interno e soprattutto al centro dell’isola e al borgo, a 400 metri sul livello dl mare.
La sua posizione è alla base della Storia di Giglio Castello: da quest’altura si riesce a vedere il mare, l’arcipelago e la costa toscana, perfetta per controllare l’arrivo di flotte nemiche o i pirati, estremamente utile in antichità, così come poter comunicare con la terraferma, con le imbarcazioni alleate e i viaggiatori attraverso fuochi di notte e fumi di giorno, come un ancestrale faro d’orientamento.
Su un ripido dirupo, la Rocca di Giglio Castello è il cuore del borgo e dell’isola: probabilmente
edificata intorno al X secolo, su resti più vecchi, è sempre stata un baluardo difensivo per gli abitanti.
Era autosufficiente, con spazi abitativi, una capiente cisterna, nella quale veniva allevate le
anguille, un orto, pollai e magazzini. Il tutto per garantire il sostentamento alle persone in caso di prolungato assedio.
Oggi si può girare ad ammirare gli antichi reperti e fa scoprire la storia, la cultura e la tradizione del Giglio, spesso trascurate per prediligere il mare e la natura.
Abitata in epoche remote, già in età della Pietra, l’isola del Giglio, proprio per la sua posizione
strategica, ha vissuto una storia intricata fatta di dominazioni e splendore. Già territorio etrusco,
fu sotto i Romani, in particolare con la famiglia dei Domizi Enobarbi, legati a Nerone, che divenne un importante porto con lo scambio con la terraferma: numerosi sono i relitti dell’epoca trovati nelle acque intorno all’isola che testimoniano questi grandi commerci.
Il borgo, circondato da imponenti mura con tre torri circolari e sette rettangolari, è rimasto quasi
intatto dal Medioevo, da quando la rocca fu costruita dai Pisani e poi fu ampliata dagli Aldobrandeschi, nel XII secolo, da cui prende il nome. In seguito, nel Quattrocento, l’isola venne conquistata dai Medici ed entrò a far parte del Granducato di Toscana: un loro stemma si trova proprio all’ingresso sulla
Porta della Rocca, che si apre lungo la cinta muraria. Viene spontaneo pensare che il nome Giglio derivi
proprio dalla dominazione fiorentina, invece è la latinizzazione di un vocabolo greco, ovvero Aegilium,
isola delle Capre.
Giglio Castello è un insieme di vie strette, sormontate da archi, da scale esterne per accedere ai
piani superiori, dette balzuoli, angoli fioriti, insegne e decori curiosi, piazzette, panni stesi e terrazze sul mare. La Rocca, che oggi ospita spesso convegni ed esposizioni, domina piazza XVIII Novembre.
Nel borgo, si può visitare la chiesa di San Pietro, risalente al XV secolo, per ammirare
alcuni preziosi manufatti, come un Crocifisso d’avorio e gli arredi sacri di papa Innocenzo XIII, oltre
ad alcune armi sottratte durante una battaglia tra i Gigliesi, vittoriosi, e i pirati nel Settecento, e
alle reliquie di San Mamiliano, protettore dell’isola del Giglio e dell’arcipelago toscano.
Proprio al santo patrono è dedicata una grande festa tradizionale, il 15 settembre, mentre durante
l’ultimo weekend di settembre si svolge la Festa dell’Uva e delle Cantine Aperte.
Da non perdere, infatti, è una visita alle cantine del Giglio, dove viene prodotto il tipico vino
ambrato dell’isola, l’Ansonaco. Una pausa degustazione per rilassarsi dopo aver scoperto la parte
meno nota del Giglio, prima di rituffarsi nel mare azzurro.
Info: www.visittuscany.com
Foto di Sonia Anselmo
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