Le begonie sono una macchia rossa che accende la giornata e l’acqua grigia del lago. Anche così, in attesa del temporale, l’eremo di Santa Caterina del Sasso emana un fascino particolare, sospeso tra natura e spirituale. Anzi le nubi sul lago Maggiore rendono tutto ancora più mistico.
Sulla sponda lombarda, a pochi chilometri da Laveno e dal pittoresco villaggio di Cerro, l’eremo
di Santa Caterina è un viaggio a ritroso nel tempo, nei secoli, circondati da un’atmosfera rilassante.
Si arriva giù ai conventi e alla chiesa vera e propria tramite una scala lunga e ripida che però lascia stupefatti dai panorami sul lago e sulla zona. Per chi non volesse affrontare la discesa e soprattutto la salita, c’è a disposizione un ascensore scavato nella roccia.
Una volta arrivati all’eremo di Santa Caterina le terrazze con i fiori portano a scoprire la bellezza dell’ambiente e la religiosità del luogo. A picco sull’acqua, il complesso è un insieme di strutture di vari stili architettonici scolpiti nella roccia.
La chiesa stessa, con il portico rinascimentale esterno, risale al Cinquecento, ma l’interno rivela opere e cappelle di altre epoche, come gli affreschi trecenteschi, una pala d’altare seicentesca e l’organo settecentesco.
In un angolo della chiesa giace il sepolcro di colui a cui la leggenda lega l’eremo di Santa Caterina: il beato Alberto Besozzi. In realtà, la teca di vetro contiene una statua in legno che la raffigura, mentre i suoi resti sono conservati in un’urna nascosta all’interno del cuscino.
Comunque sia, l’eremo di Santa Caterina deve tutto al beato Alberto. Era un commerciante e usuraio di Arolo e lavorava tra le due sponde del lago: un giorno del 1170 di ritorno da uno dei mercati più antichi del lago, la sua barca venne sorpresa da una violenta tempesta. Spaventato, Besozzi fece un voto a Santa Caterina d’Alessandria, il cui culto era molto seguito in zona per via dei tanti soldati tornati dalle crociate in Terra Santa.
Il mercante si rivolse alla Santa affinché lo salvasse dal naufragio: i suoi compagni morirono tutti, ma Alberto finì su una piccola insenatura vicino Leggiuno, tra Ispra e Laveno, dove c’era un sasso in bilico sulla riva chiamato “Ballaro”. Qui il futuro beato rimase illeso e al ritorno in famiglia si sentì miracolato: per mantenere il voto fatto alla Santa e rimediare al suo passato di avidità, decise di ritirarsi dove le onde del lago lo avevano gettato.
Così la leggenda dell’eremo di Santa Caterina prende corpo. Besozzi visse da solo e in preghiera, cibandosi di quello che trovava in natura e di quello che i naviganti gli consegnavano, mentre la sua fama di santità crebbe al punto che nel 1195 alcuni potenti locali si rivolsero a lui per fermare una pestilenza. Fu il primo miracolo del beato Alberto, che in segno di gratitudine chiese di costruire a fianco della grotta in cui viveva un piccolo tempio simile a quello di Santa Caterina sul Monte Sinai.
Infatti, chi oggi visita la chiesa e ha visto in passato proprio il monastero nel deserto, ha questa sensazione di un filo rosso che unisce i due luoghi dedicati alla Santa di Alessandria.
L’eremo di Santa Caterina sul lago Maggiore ha subito diverse trasformazioni, dopo la morte del beato, nel 1205. Qualche decade dopo, arrivarono qui i domenicani per assistere i pellegrini che visitavano la tomba di Alberto e nella cappella furono collocati numerosi ex voto. Così divenne importante costruire un tempio più grande e nel Trecento venne edificata la chiesa dedicata a San Nicola, con un ciclo di affreschi ancora vedibili in qualche lato.
Piano piano, cambiando anche gli ordini religiosi che si occupavano dell’eremo di Santa Caterina, crebbe sempre di più, con l’aggiunta di un piccolo chiostro e conventi.
Il problema furono le frane che tartassarono nei secoli il sasso ballerino: una distrusse nel Cinquecento l’unico sentiero che portava alla grotta, ma quella più importante fu una del Settecento quando alcuni massi sfondarono la volta della cappella dove era custodito il corpo del beato, ma non distrussero la sua tomba.
Si gridò all’ennesimo miracolo dell’ex mercante, perché i cinque enormi sassi rimasero impigliati
nella volta senza causare gravi danni e lì rimasero sospesi fino al 1910, quando caddero a terra senza problemi e vennero portati via soltanto negli anni Ottanta del Novecento, al momento dei restauri della cappella e della messa in sicurezza della roccia.
Nei secoli, l’eremo di Santa Caterina ha attraversato vicende alterne, e oggi è un’oasi di pace e spiritualità, aggrappato alla parete rocciosa a strapiombo sull’acqua del lago Maggiore.
Info:
www.santacaterinadelsasso.com/
Foto di Sonia Anselmo
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