Honninsvag sulla via di Capo Nord in Norvegia

La neve ricopre i tetti e le falesie in un’apoteosi di bianco, in attesa che l’aurora boreale disegni di verde psichedelico il cielo scuro. L’estate, al contrario, il sole rischiara fino a notte fonda il porto animato dalle navi da crociera e dai pescherecci.

Honninsvag è un borgo estremo, alla fine dell’Europa e della Norvegia. Oltre, a parte le isole Svalbard e qualche avamposto ricoperto di giacchio, c’è solo il Polo Nord.

Da Honninsvag, al riparo dalle tempeste in una baia naturale, si passa e si staziona prima di raggiungere Capo Nord, con cui divide la stessa isola Magerøya.

Affacciata sul mar di Barents, la cittadina è raggiungibile con l’Hurtigruten, il traghetto postale,
con l’aereo, tramite un piccolo aeroporto a 4 chilometri dal centro con collegamenti con il resto della Norvegia,
e via terra, essendo unita da un tunnel sottomarino alla terraferma per circa sei chilometri. Curiosamente dista quasi gli stessi chilometri dal Polo Nord, 2110, e dalla capitale Oslo, 2119.

Honningsvag è ben oltre il Circolo Polare Artico, d’estate non vede mai tramontare il sole e d’inverno per due mesi e mezzo non lo vede sorgere mai. Per questo durante la stagione “calda” si anima di iniziative, concerti e spettacoli. I suoi alberghi si riempiono e i visitatori invadono le sue strade.

Ma il turismo ormai non è solo quello estivo, anzi l’inverno nordico con il suo fascino estremo propone molte
attività, come l’osservazione dell’aurora boreale, la pesca nel ghiaccio, le corsa in slitta trainate dai cani.

La stessa Honninsvag, per quanto piccolina, ha alcune attrazioni da visitare: la chiesa bianca, simbolo del borgo, risalente al 1884, unica risparmiata dai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale, un bar interamente costruito nel ghiaccio, e il Nordkappmuseum che racconta la storia e il rapporto con il mare.

Honninsvag risale ben all’8000 a.C. con i primi insediamenti umani nella zona. Il mare è stato la principale fonte di cibo per questi preistorici antenati dei norvegesi e la pesca è tuttora una fonte determinante di guadagno, dato che le temperature dell’acqua del mare sono più miti di quanto ci si possa aspettare a questa latitudine e in gennaio arrivano a una media di -4°C.

Al contrario, a soffrire è la flora: tolta qualche specie rarissima artica e super protetta, gli alberi raramente arrivano ad essere più alti di quattro metri e così i giardini delle villette di Honningsvag appaiono brulli come tutta la natura circostante.

Nei dintorni, a 12 chilometri, si trova Kamøyvær, un villaggio di pescatori molto caratteristico, molto importante per lo scarico e smistamento del pesce. Qualche casa colorata, una galleria d’arte che espone artigianato e opere locali, e un porto che è il cuore del borgo.

Da Honninsvag si può partire barche attrezzate per i safari per il granchio gigante o per osservare le colonie di rari uccelli marini nella Gjesværstappan Nature Reserve, a 15 chilometri ad ovest della scogliera di Capo Nord.

Ovviamente l’escursione immancabile è quella che porta a Capo Nord, il promontorio roccioso di 307 metri a strapiombo sul mare che è stato chiamato così dall’esploratore inglese Richard Chancellor, nel 1533.

Per arrivare a questa ambita meta si attraversa un’interminabile e desolata landa, resa viva solo da alcuni accampamenti lapponi e dalle renne che brucano i pochi cespugli.

Alla fine appare una costruzione grigia come tutto quello che lo circonda: è il Nordkapphallen, un centro informativo e turistico che comprende un ristorante, alcuni negozi di souvenir, mostre permanenti relative alla storia del Capo, il Royal North Cape Club, dove è possibile ottenere un timbro sul passaporto che attesta la visita, una sala cinematografica con schermo a 270° che proietta immagini sulla natura della zona ed una galleria scavata nella roccia che termina in una sala con grandi vetrate panoramiche.

Fuori c’è l’attrattiva più inseguita dai circa 300 mila turisti che visitano NordKapp ogni anno: un’enorme terrazza che dà sul Mar Glaciale Artico e al centro un globo gigante che fa da sfondo abituale per le foto.

Se si è fortunati e si riesce a vedere il sole di mezzanotte, l’impatto è eccezionale con tutto il mondo tinto di rosso e rosa. Se invece si trovano le nuvole o, peggio, la pioggia sferzante, non resta che ammirare la forza della natura e il vento gelido che soffia intorno. D’inverno pur non sorgendo mai il sole al di sopra dell’orizzonte per circa due mesi e mezzo, il promontorio è estraneo al fenomeno della cosiddetta notte polare, con il crepuscolo impedisce che si verifichi il buio totale ed esiste la possibilità di vedere l’aurora boreale.

In qualsiasi condizione meteo, però, lo sguardo si perde, la mente va alle isole Svalbard, le ultime e remote terre prima dell’Artico, e agli esploratori dell’estremo nord come Umberto Nobile. E anche agli orsi bianchi, che lì vivono liberi e padroni, mentre a Honningsvåg sono diventati attrazioni per turisti, impagliati e fintamente aggressivi, pronti a dare il benvenuto nei tanti hotel e ristoranti.

Info: www.visitnorway.com

Foto Visit Norway @Christian Roth Christensen, @Bjørn Jørgensen, @Alexander Benjaminsen
@ Harald Hansen, @Johan Wildhagen. Pixabay

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